Cronaca locale

Uccise il rapinatore, il giudice: «Era sconvolto, credeva di doversi difendere»

Le motivazioni della sentenza con cui il Tribunale ha condannato a un anno e otto mesi Giovanni Petrali, il tabaccaio di piazzale Baracca: «Non poteva avere una perfetta contezza di quello che stava succedendo». L'accusa aveva chiesto 9 anni di reclusione

Un errore di percezione. Perché era «sconvolto». Giovanni Petrali, il tabaccaio che nel maggio 2003, colpendoli alle spalle, uccise un rapinatore e ferì il suo complice che avevano tentato di mettere a segno un colpo nella sua tabaccheria, «non poteva avere avuto in quegli istanti una perfetta contezza della situazione che si era creata, che si stava sviluppando davanti a lui». Lo scrivono i giudici della prima corte d'assise di Milano nelle motivazioni della sentenza che ha condannato il commerciante a un anno e otto mesi per omicidio colposo e lesioni colpose. All'epoca il caso di Petrali, che gestiva una tabaccheria in piazzale Baracca a Milano, aveva fatto molto discutere e il pm Laura Barbaini aveva chiesto una condanna a nove anni sei mesi per omicidio e tentato omicidio volontari. I giudici, nella 65 pagine delle motivazioni depositate stamani, escludendo il dolo e contestando la colpa parlano di un errore di percezione del tabaccaio che era «sconvolto, lo riferiscono molti dei testimoni». Uno stato d'animo testimoniato dal fatto che l'uomo, inseguendo i due rapinatori anche all'esterno del locale, teneva «una scopa nella mano sinistra, senza che ve ne fosse alcuna necessità». Un atteggiamento questo sintomo di «una condizione psicologica sicuramente alterata». Petrali, scrivono i giudici della corte presieduta da Luigi Cerqua, «finiva per colpire i due rapinatori alle spalle credendo di trovarsi ancora a doverli affrontare. Pur se questi, invece, avevano già iniziato la fuga». Alfredo Merlino, il rapinatore ucciso, e Andrea Solaro, quello ferito, vennero colpiti mentre stavano uscendo dalla tabaccheria, dopo aver picchiato Petrali che si rifiutava di aprire la cassaforte. Il tabaccaio, spiegano ancora i giudici, non si era accorto che fuggivano «per l'esplosione del vetro da lui stesso determinata» con uno dei sette colpi sparati e «per l'estrema rapidità dell'azione». Credeva dunque di trovarsi, quando ferì ed uccise, «in una condizione che gli imponeva di difendersi.

Ma sbagliava e tale errore non era incolpevole».

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