«Uccisero Mez come tre furie, Amanda la odiava»

DELITTO L’accusa: «Su Meredith un crescendo di inarrestabile violenza Doveva essere punita»

La bella Amanda stavolta non ride. Anzi prova a far la dura. Punta i suoi fanali blu dritti negli occhi dell’uomo che l’accusa. Non lo perde un attimo, lo squadra, quasi a volerlo ipnotizzare. Non funziona. Il pm Giuliano Mignini non abbassa lo sguardo.
Comincia con un scontro psicologico la requisitoria dell’accusa nella corte d’Assise di Perugia. Raffaele Sollecito, poco più in là, timido e forse più riflessivo, prende appunti.
È un attacco frontale quello del pubblico ministero. Non lesina sferzate, non usa perifrasi, ricostruisce l’omicidio di Meredith Kercher con freddezza «spietata». Puntando l’indice, nei confronti dell’americanina di Seattle un po’ naïve e di certo bugiarda.
«Ha consapevolmente accusato un innocente come Patrick Lumumba», attacca il Mignini. «Dopo l’interrogatorio che ha portato i sospetti sul congolese (poi scagionato, ndr) non ha mosso un dito per quell’uomo che stava languendo in carcere. Per il magistrato era il tentativo di proteggere un altro protagonista di quell’omicidio, ovvero Rudy Guede, l’ivoriano che si proclama innocente ma già condannato a trent’anni con rito abbreviato.
Passano le ore e Amanda si fa più tesa. Adesso gli occhi sono velati. Il Pm descrive le fasi dell’omicidio, accusa i tre ragazzi del delitto, fornisce un movente. Lei a questo punto piange. Sommessamente. «La Knox voleva vendicarsi una volta per tutte di quella smorfiosa - sostiene l’accusa - che la rimproverava per le pulizie di casa e che stava sempre con le sue amiche inglesi». «Quella sera ci fu una discussione per soldi o forse perché la studentessa inglese era contraria alla presenza di Rudy in casa». A quel punto secondo la ricostruzione della Procura «c’è stato il tentativo di coinvolgere Meredith in un pesante gioco sessuale». Da lì «il calvario di Meredith». Nella ricostruzione del Pm sarebbe stata la Knox a spingere Meredith verso la parete della camera e a sbatterle la testa contro una parete. Sempre lei - ipotizza l’accusa - a colpirla al collo con un coltello (mentre un altro era impugnato da Sollecito). Il giovane pugliese è invece accusato di avere tenuto ferma la vittima, ma anche di averle strappato il gancetto del reggiseno, e Guede di avere abusato sessualmente. Gli investigatori sono convinti che Amanda dovesse incontrare Guede, inizialmente da sola, forse per questioni legate alla droga di cui entrambi facevano uso. Poi - sempre stando al quadro accusatorio - a loro si unì Raffaele Sollecito e tutti e tre insieme andarono nella casa di via della Pergola.
Sette ore per ricostruire il come e il perché di un delitto apparentemente senza senso.
Mignini, prova a spiegarlo così: «Furie scatenate contro la povera Meredith. Amanda Knox, Rudy Guede e Raffaele Sollecito, infervorati «da un gioco sessuale a motivi di rancore si sono scagliati su Metz». Il gioco sessuale, sempre secondo l’accusa, sarebbe servito «per sottomettere Meredith» e quindi sarebbe stato esclusivamente un modo di vendetta contro la «santarellina di via della Pergola». Insomma la ragazza seria, studiosa, senza grilli per la testa doveva esser punita.
Sollecito, ascolta e confabula col suo avvocato: Dice di provar «fastidio» per le accuse rivoltegli. Reati che potrebbero costare l’ergastolo.
Ma la difesa ribatte. Per Carlo Della Vedova nell’udienza di ieri sarebbero stati presentati elementi mai emersi nel corso delle testimonianze e delle scorse udienze. «Mi riferisco alla novità sul rapporto di conoscenza tra Amanda e Rudy - spiega l’avvocato Della Vedova - che sarebbe avvenuto in ambiti poco precisi e mai verificati nel corso del dibattimento. Amanda non ha mai avuto rapporti con il ragazzo ivoriano.

Ci sono situazioni nella requisitoria assolutamente lacunose. Non ci sono prove. Ci troviamo di fronte a un processo indiziario e come tale aperto a tutta una serie di verità». Oggi si ricomincia. Con le richieste di condanna.

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