Ucciso un ostaggio sudcoreano scaduto l’ultimatum per gli altri

Un ostaggio sudcoreano è stato ucciso, mentre si tinge di giallo l’annunciata e poi smentita liberazione di altri otto poveretti nelle grinfie dei talebani. In Afghanistan la guerra degli ostaggi continua con un nuovo ultimatum per il sequestro dei 23 sudcoreani che scadeva la scorsa notte, le 22.30 in Italia. Il solito megafono dei tagliagole islamici, Qari Mohammed Youssef, giura che questa volta è l’ultimo: «Se le nostre richieste non saranno rispettate uccideremo altri ostaggi».
Il corpo della prima vittima è stato trovato ieri in una zona desertica della provincia di Ghazni, a sud di Kabul, dove il gruppo di volontari cristiani era stato rapito la scorsa settimana. Il portavoce dei talebani ha ovviamente parlato di esecuzione, perché il governo afghano cerca di prendere tempo sulla richiesta di rilascio dei prigionieri talebani in cambio degli ostaggi. La polizia locale ha confermato di aver trovato il cadavere di un uomo crivellato da almeno una decina di proiettili alla testa, sul petto e nello stomaco. Il colonnello Abdul Shakoor Farahi, capo della polizia nell’area, ha però spiegato che i talebani gli hanno sparato «perché si era ammalato e non riusciva a camminare».
Dopo la tragica notizia sembrava che la situazione potesse migliorare, quando un’agenzia di stampa sudcoreana ha annunciato la liberazione di otto ostaggi, che sarebbero stati accolti in una delle basi americane nella provincia di Ghazni. Poi, sia i talebani che le autorità di Kabul, hanno smentito la notizia, che però ha continuato a circolare trasformandosi in un giallo non ancora chiarito. I 23 ostaggi sono stati divisi in piccoli gruppi e non è escluso che qualcuno sia stato liberato, con le buone o con le cattive, ma che non si vuole pubblicizzare la storia per evitare ritorsioni o irrigidimenti sugli altri sud coreani nelle mani dei tagliagole. La mediazione langue perché i talebani vorrebbero trattare direttamente con la delegazione di Seul giunta in Afghanistan, la richiesta di uno scambio di prigionieri con almeno otto loro comandanti, in gran parte originari della zona di Ghazni.
Dopo una mattinata convulsa i talebani hanno annunciato la quarta estensione dell’ultimatum. «Abbiamo fissato un nuovo ultimatum, all’una di questa notte (le 22.30 di ieri sera in Italia, nda), ma è l'ultimo» ha dichiarato il portavoce dei talebani Youssef Ahmadi all’agenzia di stampa France Presse. «Se le nostre richieste non saranno rispettate uccideremo altri ostaggi» minaccia il megafono dei sequestratori.
Ieri si sono vissute ore d’ansia per un giornalista tedesco del settimanale Stern. Sul primo momento si supponeva che Christoph Reuter fosse stato rapito nella provincia di Kunar, infiltrata da Al Qaida. Poi il giornalista ha fatto sapere via sms che non si trovava in ostaggio. Invece era stato prima preso e poi rilasciato, su intervento dei capi tribù locali, un free lance danese, Khwaja Najibullah, di origine afghane. Il giornalista stava lavorando per la televisione di Copenaghen e voleva raggiungere un villaggio isolato, roccaforte dei talebani, dove i bombardamenti aerei della Nato avrebbero provocato diverse vittime fra i civili. Bloccato per strada, è stato salvato dalla gente del posto. Invece non si sa più nulla della sorte dell’ingegnere tedesco rapito dai tagliagole la scorsa settimana.

Il suo collega è morto di stenti e secondo il portavoce dei talebani il secondo ostaggio «è molto malato, soffre di diabete. Per la maggior parte del tempo non è cosciente e dobbiamo trasportarlo da un luogo all’altro su una barella».

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