Ucraina, l’incubo finisce in compromesso

Smentiti, almeno per il momento, i profeti di sventura. L’Ucraina si è fermata a pochi passi dal baratro spalancato dal braccio di ferro sempre più spregiudicato tra gli ormai famosi rivali politici Yushcenko e Yanukovich, i “due Viktor” dietro ai quali si sono divisi a metà i quasi 50 milioni di cittadini della seconda più importante repubblica postsovietica. Alle quattro del mattino il presidente della Repubblica filoccidentale e il capo del governo amico della Russia sono usciti mano nella mano dopo sette ore di serrata trattativa e hanno annunciato il compromesso nel quale tutti speravano ma in cui pochi credevano. Le elezioni anticipate così fortemente volute da Yushcenko dunque ci saranno, ma alla data del 30 settembre e non il mese prossimo come il capo dello Stato pretendeva. Il Parlamento sarà chiamato a ratificare questa decisione tra domani e mercoledì.
«La nostra principale preoccupazione era quella di trovare le condizioni per tenere elezioni su una base di legittimità. Alla fine ci siamo riusciti», ha detto il premier Yanukovich al termine dell’ultima maratona negoziale, durata sette ore e che faceva seguito ad altri due lunghissimi incontri al vertice.
In effetti la storia recente dell’Ucraina è segnata da gravi irregolarità elettorali, la più celebre delle quali, nel novembre 2004, aveva consegnato la presidenza della Repubblica proprio al filorusso Yanukovich. L’evidenza di brogli macroscopici a suo favore e le proteste di massa sotto la bandiera arancione scelta da Yushcenko avevano indotto la Corte suprema ad annullare il voto e a farlo ripetere: in condizioni di equità il leader filoccidentale, che tre mesi prima era sopravvissuto a un tentativo di avvelenamento con diossina che lo lasciò sfigurato, riportò una clamorosa vittoria. Purtroppo la «rivoluzione arancione» deluse molti suoi sostenitori, vuoi per la litigiosità dei suoi protagonisti (prima fra tutti la pasionaria Yulia Timoshenko), vuoi per il permanere a ogni livello di inaccettabili livelli di corruzione. Yanukovich riuscì così a riconquistare una maggioranza parlamentare, non senza ricorrere ad «acquisti» di deputati che hanno fatto gridare allo scandalo.
La pretesa di Yushcenko, annunciata il 2 aprile, di sciogliere in anticipo il Parlamento ha innescato la crisi apparentemente risolta la scorsa notte. Si era arrivati a temere il coinvolgimento, con imprevedibili sviluppi, di forze di sicurezza armate quando si è sparsa la voce che duemila membri della milizia del ministero dell’Interno (un lascito del sistema sovietico) erano in marcia verso la capitale. Ieri Yushcenko ha assicurato che questi militari sarebbero stati impiegati la sera stessa per garantire la sicurezza durante una partita di calcio: una chiusura un po’ farsesca di quella che poteva essere una seria minaccia alla democrazia ucraina.
Vale la pena di notare che la partita in questione, finale della coppa ucraina, vedeva contrapposte la Dinamo Kiev e lo Shakhtior Donetsk. Per la prima fa il tifo Yushcenko, per la seconda Yanukovich, conformemente alla nota divisione del Paese tra un centro-ovest filoccidentale e un est filorusso.

Il risultato preferibile, viste le circostanze, sarebbe stato un salomonico pareggio, ma non è stato possibile stravolgere le regole: ha vinto la Dinamo 2 a 1. I due leader politici rivali, seduti l’uno accanto all’altro nella tribuna vip, hanno dato con la loro presenza un primo segno della ritrovata normalità.

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