Udc, quel sogno di unità finito in diaspora

Da Follini che è passato al Pd a Giovanardi che ha scelto il Pdl la fuoriuscita dei big è bipartisan

da Milano

Strano destino, quello dell’Udc di Pierferdinando Casini. Ha la parola «unione» nel nome, era stato fondato per mettere insieme tre partitini, doveva cementare al centro i moderati, quelli che «né con l’Ulivo né con Berlusconi». E invece eccolo perdere pezzi come un allenatore di calcio che spreme i giocatori. I dotti la chiamerebbero eterogenesi dei fini: uno vuole una cosa e ne porta a casa un’altra. Casini cercava l'unione e ha ottenuto la diaspora, perseguiva l'aggregazione e si ritrova con un partito sgretolato come la cattedrale di Noto.
Scissione continua. E non è che i rivoli udicini si riversino tutti nel grande fiume del centrodestra. No, quelle dall’Udc sono fuoriuscite bipartisan, secondo lo stile centrista che non fa mancare niente a nessuno. Per un Rotondi che fonda l’ennesima versione della Democrazia cristiana c’è un Follini che puntella il governo Prodi; a un Giovanardi che aderisce al Popolo delle libertà risponde un D’Antoni che transita nella Margherita per diventare viceministro. Fino al capolavoro del duo Tabacci-Baccini, che inaugurano un micropartito centrista in cerca di alleanze. Con chi? Ma proprio con l’Udc.
Partito fecondo, l’Udc. Dalle sue costole sono nate tre nuove formazioni. Gianfranco Rotondi e Mauro Cutrufo hanno dato vita alla Democrazia cristiana per le autonomie (Dca) tre anni fa: nel 2006 presero lo 0,8 per cento, 285mila voti e due senatori (loro stessi). Casini, furibondo, pose a Berlusconi un aut aut: «Se la Dca viene invitata ai vertici del centrodestra me ne vado io». E Rotondi, avellinese in politica da quando aveva 16 anni, rispose al veto minacciando di impadronirsi dello scudo crociato.
Nel 2005 è nato pure il Movimento per l’autonomia (Mpa) di Raffaele Lombardo, europarlamentare e presidente della Provincia di Catania che non digerì di essere commissariato da Volontè e D’Onofrio. Ha invece poche settimane la Rosa bianca di Bruno Tabacci e Mario Baccini, che con l’ex segretario della Cisl Savino Pezzotta puntano a catalizzare il voto dei cattolici allergici a quelli che Silvio Berlusconi ha chiamato «i pilastri del bipolarismo», cioè Popolo delle libertà e Partito democratico.
Anche Marco Follini ha costituito il suo bravo movimentino, si chiamava Italia di mezzo ed è durato lo spazio di un mattino, giusto il tempo per mettere a punto l’operazione di abbandonare il gruppo parlamentare dell’Udc al Senato, traslocare nel gruppo misto, votare la fiducia a Prodi nel febbraio 2007 nella prima crisi di governo, e tre mesi dopo sbarcare trionfalmente tra i 45 componenti del comitato promotore del Partito democratico. A quel punto l’Italia di mezzo sparisce, il fu primo segretario Udc è nominato responsabile per le politiche dell'informazione del Pd di Walter Veltroni. E la palingenesi di Follini è completa.
L’Udc aveva sfiorato il 7 per cento alle politiche del 2006, ora i sondaggi dicono che a fatica arriverebbe al 3. Le perdite sono pesanti. Carlo Giovanardi, che per anni ha guidato la minoranza interna favorevole a smorzare le asprezze di Casini e Follini verso Berlusconi, si è portato nei neonati Popolari-liberali circa il 20 per cento del partito. Un’altra fetta consistente dei vecchi elettori udicini seguirà Mario Baccini, anch’egli ex ministro berlusconiano ma soprattutto gran tesoriere di voti nel Lazio. I maligni dicono che, dei «tabaccini», il primo ha molta immagine e zero voti, l'altro il contrario. Anche Fefè Lombardo ha sottratto un bel pacchetto di suffragi in Sicilia, dove ora Casini può contare soltanto su un acciaccato Totò Cuffaro: e l'isola non sarà più quel granaio di consensi che a lungo ha tenuto in piedi l’Udc.
Meno dannosa la dipartita di un altro siciliano, Sergio D’Antoni. L’ex segretario della Cisl con la sua Democrazia europea fu tra i fondatori dell'Udc nel 2002, assieme a Ccd e Cdu. Al primo congresso fu nominato vice del segretario Follini. Per fargli cambiare idea bastarono due anni, un seggio da deputato della Margherita ottenuto nell’ottobre 2004 (suppletive del collegio Napoli-Ischia) e una poltrona da viceministro di Pierluigi Bersani. Acrobatica anche la parabola di Giovanni Mongiello, ex Dc, ex sindaco di Foggia, ex sottosegretario di Andreotti e Berlusconi, che si fa eleggere deputato con il Cdu nel 2001, approda nel 2004 alla Dc di Angelo Sandri, passa con Mastella, fonda i Democratici cristiani uniti e finisce sottosegretario con Prodi.

Invece la bionda Dorina Bianchi, dopo aver fatto approvare la legge sulla fecondazione assistita, si è limitata a iscriversi nel gruppo misto e poi alla Margherita, che l'ha fatta rieleggere alla Camera. Ora e sempre addio Udc, partito colabrodo.

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