Emanuela Fontana
da Roma
Oltre ai senatori, quasi una decina, che voteranno «no», ora sul caso Afghanistan per lUnione spunta un ostacolo non meno insidioso: la mozione al decreto di rifinanziamento della missione sarà votata da un partito di opposizione, lUdc. E così sembrano realizzarsi le previsioni di alcune Cassandre della sinistra radicale che paventavano un cambio di maggioranza, e dunque una crisi di coalizione, al primo voto importante daula. Se lUdc accompagnerà il decreto, e pezzi della sinistra radicale si sfileranno, il baricentro dell'Unione alla chiamata al voto più importante del primo periodo di governo virerà pericolosamente verso il centro, con evidenti malumori delle frange estreme.
La direzione dell'Udc ieri non ha avuto dubbi: ha dato mandato al presidente e al segretario del partito, Rocco Buttiglione e Lorenzo Cesa, di proporre a deputati e senatori centristi di dare voto favorevole al rifinanziamento delle missioni militari allestero, «in continuità con le scelte di politica estera della passata legislatura».
«Proponiamo agli alleati della Cdl di farsi carico, insieme a noi, di questo dovere per elementari ragioni di coerenza», spiega Buttiglione. Una coerenza che, dice, forse manca ad alcuni partiti della maggioranza: «Non so se Rifondazione comunista possa dire la stessa cosa».
Leventuale sì, comunque «non sarà a scatola chiusa - ha precisato Pierferdinando Casini durante il suo intervento alla direzione del partito -: aspettiamo di vedere il provvedimento, e in ogni caso non è un sostegno a Prodi», avrebbe scandito. Ludc, insomma, si assocerebbe al centrosinistra ma solo per quella che viene definita una linearità con il passato.
Ieri il leader della Cdl Silvio Berlusconi avrebbe chiamato sia Cesa che Casini. Due telefonate dobbligo vista lufficializzazione dei centristi del loro «sì», ma con toni più persuasivi che duri: «Abbiamo la possibilità di mandare a casa il governo, perché aiutarlo? - avrebbe ripetuto Berlusconi - Un esecutivo deve avere una politica estera comune, altrimenti non cè un governo».
Per ora lUdc ha resa nota la sua posizione, ma i ragionamenti, evidentemente, sono ancora in corso. Il partito voterà a favore «se il testo - sottolinea il segretario Cesa - mantiene la continuità con gli obbiettivi fondamentali della missione che noi abbiamo dato ai nostri soldati». Arriverà il «no», invece, «se il decreto dicesse che i soldati devono ritirarsi» o se non avessero «gli strumenti per la loro missione, e quindi rischiano la vita».
Darà il suo voto, in caso di conferma della presenza militare, anche l'ex ministro per i Rapporti con il Parlamento Carlo Giovanardi: «È evidente - precisa - che io che ho fatto parte di un governo che ha difeso il popolo afghano e ha puntato sulla coesione internazionale per combattere il terrorismo non posso che essere favorevole alla continuazione della nostra missione. Se emerge da questo governo una continuità di scelta con il governo Berlusconi non vedo come votare contro questa decisione». Giovanardi si dice «sereno» perché «coerente con quello che ho sempre fatto. Se incontro un soldato o un elettore come gli spiego che ho votato contro la missione in Afghanistan?». La mossa dellUdc spiazzerà la maggioranza?: «Non sono io - risponde lex ministro - ma saranno altri a spiegare agli elettori il loro comportamento».
Il partito sembra insomma compatto sul sì al rifinanziamento con un testo simile a quella che era stata la linea sulla missione afghana del governo Berlusconi.
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