La Ue insiste: riducete il debito Prodi fa orecchie da mercante

Ai nuovi richiami del commissario agli Affari economici Almunia il premier replica indispettito: "Non posso chiudere il Paese". E Padoa-Schioppa: "Nessuno mi ha criticato". E la sinistra radicale pensa già alle urne: rendite da stangare

La Ue insiste: riducete il debito 
Prodi fa orecchie da mercante

da Roma

È passata ’a nuttata anche nell’umida Lussemburgo. Ma il breve riposo rubato fra la riunione serale dell’Eurogruppo e quella mattutina dell’Ecofin non induce a ripensamenti il sorridente e affabile Joaquin Almunia, commissario agli Affari economici e monetari. E infatti, facendo il suo ingresso alla riunione dei ministri finanziari europei, Almunia ribadisce quanto detto la notte prima: «L’Italia deve rispettare gli accordi presi a Berlino per la riduzione del deficit, perché il suo debito pubblico è insostenibile, il più elevato dell’Unione europea».
Romano Prodi è a Bruxelles, dove oggi incontra il presidente della Commissione Manuel Durao Barroso per parlare, tra l’altro, della Finanziaria. E replica ad Almunia affermando che l’Italia è «in regola con il cammino che ci siamo posti: si può anche chiudere il problema del debito pubblico in un anno - aggiunge polemico - ma così si chiude anche il Paese. Non rinuncio alle linee di sviluppo ed equità che abbiamo scelto».»
La Finanziaria appena approvata, aveva detto l’eurocommissario al termine della riunione Eurogruppo di lunedì sera, non è abbastanza ambiziosa, e sono necessarie misure aggiuntive. Ieri, Almunia è tornato all’attacco sostenendo coi numeri le sue argomentazioni: «Non possiamo ignorare che l’Italia ha un debito pubblico insostenibile, che ogni anno costa il 4,5% del prodotto interno lordo: questa situazione non può protrarsi all’infinito». Alla riunione di Berlino della scorsa primavera, i ministri finanziari dei Paesi in disavanzo promisero: la correzione del disavanzo sarà, nel 2008, almeno di mezzo punto percentuale del Pil, per accelerare il risanamento e arrivare nel 2010 al pareggio di bilancio. Un obiettivo possibile visto che l’Europa si trova in good times, un periodo di crescita economica, e le entrate fiscali vanno bene. Quelle entrate, ricorda ora Almunia, «bisognava utilizzarle per il risanamento». Roma non lo ha fatto: le ha spese, invece, e per mandare in pensione anticipata decine di migliaia di cinquantottenni (bamboccioni, potrebbe definirli Padoa-Schioppa).
Da qui la preoccupazione, e l’evidente insofferenza, dell’eurocommissario. Ma il nostro ministro dell’Economia non si scompone. La Finanziaria 2008, ribatte, «rispetta gli impegni presi dall’Italia in sede europea, e Bruxelles non ci ha chiesto ulteriori misure correttive sul disavanzo». Nel triennio 2006-2008, argomenta «Tps», l’aggiustamento è «sostanzialmente» quello a cui l’Italia si era impegnata, anche se concentrato nei primi due anni: «Una parte di anticipo realizzato con la manovra dello scorso anno, ci serve per fare un po’ di meno quest’anno», spiega. Dunque, nessun cambiamento in corsa della manovra. Quel che Padoa-Schioppa non dice è che un rallentamento del percorso 2008 rende più difficile riprendere la strada nel 2009 e negli anni successivi.
Agli osservatori, quello intercorso fra Almunia e Padoa-Schioppa è apparso un dialogo fra sordi. «Nessuno mi ha detto che sono stati mancati gli impegni presi in Europa, nessuno avrebbe potuto farlo», commenta il ministro dell’Economia. Ma le parole di Almunia? «Chiedete a lui», risponde Tps. Il passaggio fondamentale sarà l’analisi della Finanziaria «a posteriori», dopo l’approvazione parlamentare, da parte degli uffici comunitari. Solo un «semaforo verde» da parte di Almunia e i suoi uomini consentirà il ritiro, da parte di Bruxelles, della procedura per deficit eccessivo comminata al nostro Paese.

«Il governo non ignori le critiche europee - esorta il il presidente dei senatori di Forza Italia, Renato Schifani - anche se è evidente che le attuali scelte economiche sono dettate dall’ansia pre-elettorale di Prodi e dalle pressioni dei suoi alleati». Una linea di politica economica segnata da «esigenze di sopravvivenza», aggiunge il repubblicano Francesco Nucara.

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