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Ue, le richieste «impossibili» di Blair

Oggi Fini a Londra ribadirà il no a tagli nelle sovvenzioni al Mezzogiorno

Alessandro M.Caprettini

nostro inviato a Londra

Magari si lasceranno col sorriso sulle labbra, come di solito avviene tra ministri degli Esteri che si conoscono da tempo e che a lungo hanno agito in sintonia. Ma la visita che Fini compie oggi a Londra - dove tra l’altro sarà intervistato sulla situazione politica italiana dal direttore del Financial Times - per incontrare il suo omologo Jack Straw, non sembra poter rimanere nell’ambito di una serena chiacchierata a due.
Di ieri, infatti, l’emergere delle intenzioni britanniche in tema di prospettive finanziarie 2007-2013 che saranno presentate nel summit dei capi di Stato e di governo il prossimo 15 dicembre a Bruxelles. Nella bozza già fatta circolare da Straw in alcuni Paesi baltici, si ipotizza una serie di tagli molto pesanti, di cui proprio l’Italia potrebbe rimanere una delle vittime: tanto nella politica agricola che nei fondi struttuali, cioè quelli destinati al Mezzogiorno. Già nel giugno scorso, il presidente di turno, il lussemburghese Juncker, aveva presentato una ipotesi ridotta rispetto alla richiesta di Barroso (solo 871 miliardi di euro per il settennato, pari all’1,6% del Pil europeo, mentre la Commissione, ancora guidata da Prodi, reclamava un 1,24%) che aveva provocato non pochi malumori. Un lungo lavoro di mediazione sembrava dovesse portare all’accordo. Anche a Roma, alla fine, avevano dato il via libera che pure ci costava, per via dell’inserimento dei nuovi 10 Paesi dell’Est europeo. Alla fine però, complice il braccio di ferro tra inglesi e francesi sullo sconto concesso a Londra già negli anni ’80 e gli alti rimborsi concessi a Parigi per la politica agicola, tutto era drammaticamente saltato.
Pareva che Blair preferisse passare a questo punto la patata bollente all’Austria (che guiderà la Ue nel primo semestre 2006) e invece ecco germogliare un taglio da 25 miliardi di euro da scaricare sulle spalle dei nuovi - che prenderebbero assai meno di quanto previsto - e di alcuni Paesi che godono delle sovvenzioni agricole e di quelle per le regioni depresse. Gianfranco Fini, già il mese scorso, annusata l’aria che tirava, aveva messo le mani avanti. «Siamo pronti a esplicitare il nostro veto», aveva detto davanti all’ipotesi di un più marcato taglio ai nostri fondi rispetto a quelli già messi in preventivo dalla proposta Juncker. Più che scontato che quest’oggi lo ripeterà a brutto muso a Straw. Anche perché gli inglesi, a fronte del sacrificio abbastanza pesante richiesto agli altri, non è che mettano sul piatto rinunce dolorose da parte loro.
Blair, a quanto si sa, sarebbe infatti disponibile a rinunciare sì a 700 milioni di euro del suo rimborso, esentando i nuovi 10 dal pagamento dello sconto inglese, ma sapendo già che i 5,4 milioni di euro che riceve attualmente, grazie agli accordi stipulati a suo tempo da Margaret Thatcher, potranno diventare 7,7 alla fine del settennato (e cioè nel 2013) se le regole restassero quelle attuali.
La sensazione che hanno ricavato quei governi che hanno potuto leggere l’ipotesi britannica è che il governo di Sua Maestà metta in campo una proposta che quasi certamente sarà bocciata a stragrande maggioranza. Il che, comunque, salverebbe lo “sconto inglese”. Che era stato messo sotto accusa e molto pesantemente a giugno da ben 24 dei 25 soci. Allora Blair riuscì a parare il colpo alzando un indice accusatore contro Chirac per via dei lauti rimborsi concessi a Parigi dagli accordi di politica agricola. A metà dicembre gli sarà più difficile. Non solo perché in pochi mostrano di digerire la ricetta dimagrante (solo Olanda e Svezia vedrebbero diminuire i contributi che devono pagare a Bruxelles, mentre per tutti gli altri ci sarebbero pesanti sacrifici). Ma anche perché proprio dopo il fallimento del vertice estivo, Blair era apparso all’Europarlamento promettendo una profonda revisione dei bilanci per ammodernare la spesa europea indirizzandola verso le nuove tecnologie.

Insomma, promesse non mantenute e opzioni non digeribili.

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