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Ughi (Snai): «Corner come agenzie»

Filippo Grassia

«I corner devono essere omologati alle agenzie»: curioso che a pronunciare questa frase non sia Giorgio Sandi, amministratore delegato di Sisal, impegnato a portare le sue ricevitorie nel mondo delle scommesse, ma Maurizio Ughi, presidente di Snai. Vuoi vedere che gli interessi delle due società, spesso e volentieri divergenti, abbiano qualcosa in comune? La risposta al termine dell’intervista con Ughi per il quale il decreto legge che amplia la rete delle scommesse va rivisto in qualche parte.
Cosa cambierebbe in ambito ippico?
«Più che un ritocco, la mia è una raccomandazione sulle agenzie da attivare, che sono 500 ma potrebbero anche essere 1000. Il problema non è il numero, ma la collocazione. Se andassero a ricoprire le zone già servite, finirebbero per danneggiare quelle esistenti che hanno effettuato investimenti massicci per sopravvivere e non permetterebbero alle nuove di fare business. Si tratta di zone sature. Così facendo si ripeterebbero gli errori del 1999. Bisogna invece coprire i comuni scoperti con sedi adeguate per coinvolgere un pubblico estremamente specializzato che ha poco in comune con quello sportivo. L’attenzione al territorio non è esagerata al pensiero che la tassazione delle scommesse ippiche si aggira sul 20% ed è quindi molto più elevata di quella in campo sportivo».
E’ diverso invece il discorso delle scommesse sportive?
«Ma certo. E anche in questo caso non ne faccio una questione di numeri. Il dl prevede 4900 corner e 2100 agenzie. A mio parere un errore, che diventino tutte agenzie, in fondo vendono un prodotto identico. E’ agli antipodi invece l’investimento: per avviare un corner bastano poche migliaia di euro, di ben altro spessore sono i costi di un’agenzia. Se vuoi tenerla aperta per 12 ore e soddisfare le esigenze della clientela, devi avere un locale di dimensioni importanti e almeno 4 dipendenti. Ma chi dice come ti andranno le cose? Nessuno è nato imparato, si diceva a casa mia».
Allora cosa suggerisce?
«Bisogna lasciare ai nuovi concessionari la libertà di allargare il proprio campo di azione dopo aver effettuato un vero e proprio sondaggio del territorio per verificare le potenzialità del mercato. E’ fondato il rischio che alcune nuove agenzie fatichino a sopravvivere. E allora il dl va rivisto nel punto in cui fa un distinguo, a mio parere inutile, fra corner e agenzie. Ci sarà pure un motivo se il legislatore ha concesso alle agenzie la possibilità di installare una o più slot-machine per far quadrare i conti. E’ come dire che i nuovi concessionari avranno bisogno di un altro prodotto, le slot-machine, per far quadrare i conti delle scommesse sportive».
Come si inquadra questa nuova realtà nella strategia di Snai che ha investito alcune centinaia di milioni di euro nell’acquisto di vecchie agenzie?
«La società è assolutamente soddisfatta della scelta effettuata. E i riscontri vanno già oltre le aspettative del piano industriale. Snai ha acquisito la gestione di agenzie consolidate sul territorio che hanno mantenuto nel tempo, nonostante la concorrenza dei ctd fuorilegge italiani o esteri e del gioco informatico, la propria clientela. Ci vorranno anni prima che le nuove agenzie si avvicinino al business delle vecchie. La mia proposta, partendo proprio da questa considerazione, vuole evitare salti nel vuoto. La dovrebbero apprezzare anche gli altri operatori».


E sulle licenze a tempo determinato, cosa dice?
«In un’epoca di liberalizzazione, dovrebbero essere concesse a vita».

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