Ultima offerta ai radicali: 9 seggi

da Roma

Ne ha viste tante, Goffredo Bettini, e non è certo un dirigente politico di primo pelo. Ma la trattativa con i radicali ha stremato anche lui.
Ieri il tessitore veltroniano ha confezionato la proposta del Pd al partito di Emma Bonino e Marco Pannella, la ha consegnata ai loro emissari e si è con sollievo tirato fuori: «A questo punto, le risposte andranno date direttamente al segretario. I tempi stringono». Qualche ora, dicono dal loft, ma sottintendono che un margine di un paio di giorni ci può ancora stare. E ieri sera Marco Pannella, che dalle trattative si è tenuto fuori, è rientrato in patria da Strasburgo e ha radunato lo stato maggiore fino a tarda notte, per discutere il da farsi.
La proposta è definitiva, prendere o lasciare. E «non è stata fatta per farci dire di no», assicura Bettini. Anzi: i punti di accordo evocati dai radicali sono stati tutti presi in considerazione e dettagliati, e l’offerta è più generosa di quella di partenza. Nove parlamentari sicuri (con l’apparentamento del simbolo e il 2% nelle urne i radicali calcolavano di averne dodici), Bonino capolista e uno dei dodici eventuali ministri di un governo Veltroni, il trasferimento di una quota di rimborsi elettorali pari al numero dei seggi e la garanzia del 10% degli spazi televisivi elettorali destinati al Pd. «È un passo avanti», riconosce Bonino. «Non ce ne saranno altri», ribattono dal Pd, «se i radicali volessero rilanciare stavolta non gli replicheremo nemmeno». E nella riunione della direzione Pd di ieri, dove il ministro Parisi ha espresso la sua preferenza per un apparentamento con i radicali piuttosto che con Di Pietro, anche Veltroni è stato netto: «Non si possono allungare i tempi delle decisioni, perché la campagna elettorale è cominciata e si deve dire con chiarezza chi c’è e chi non c’è».
Il leader pd tiene all’ingresso della Bonino, ma teme di essere risucchiato in uno di quegli infiniti tira e molla di cui Pannella è insuperato maestro, col risultato che il capo dei radicali riesce a stare in prima pagina per settimane e a mettere a soqquadro l’intellighenzia di sinistra che non fa che sottoscrivere appelli pro-radicali. Mentre Veltroni si ritrova con i cattolici del partito in subbuglio (Castagnetti preconizza una tragica «fuga di voti cattolici» davanti al Satana radicale), i diessini con l’orticaria che già si inalberano contro il «mercato radicale» e si indignano per gli eventuali accordi economici, e il rischio di rimanere all’ultimo con un palmo di naso perché, fatte le liste, Pannella lo manda a quel paese. Come capitò a Berlusconi nel ’96.
Per questo Bettini ha chiuso le contrattazioni, ieri. Ora tocca ai radicali dire sì o no. Ed è una decisione tormentosa, che si intreccia con le complicate dinamiche interne al piccolo mondo pannelliano. Dove i ben informati spiegano che tra Pannella e Bonino è in corso una partita di palla avvelenata: lui vorrebbe tenersi fuori e lasciare a lei l’onere di accettare, assumendosi la responsabilità di quella che Marco ha definito più volte una «svendita». E lei si sfila abilmente, lasciando a Pannella l’ultima parola. I pasdaran, guidati dal giovane Marco Cappato («Che tanto - fanno notare le malelingue interne - è già europarlamentare e vuol guadagnarsi la segreteria») sposano la linea dura e pura: «Il rifiuto di Veltroni di accettare la lista radicale è politicamente incomprensibile». E lanciano appelli contro «il veto a Pannella» («manco fosse il Piccolo Padre», commenta un esponente più scettico prima di chiudersi nella riunione fiume della notte), che «si vuole ostracizzare come un Socrate del nostro tempo».

Un dirigente di primo piano, rigorosamente anonimo, spiega: «Dovremmo accettare al volo, perché l’offerta è più che dignitosa e l’alternativa è suicida: per ipotizzare una campagna elettorale da soli e senza una lira dovremmo come minimo venderci mezza Radio Radicale. Ma nessuno ha il coraggio di dirlo apertamente, finché Marco non si pronuncia».

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