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Ultimo schiaffo alle vittime Una belva della Uno Bianca può già uscire dal carcere

BolognaA 46 anni, Marino Occhipinti ottiene la semilibertà dal tribunale di sorveglianza di Venezia. La decisione della camera di consiglio era nell’aria dalla scorsa settimana, l’ordinanza è stata depositata, così uno dei componenti della banda della Uno bianca, condannato all’ergastolo, avvia il cammino per l’uscita dal carcere. Il 19 febbraio 1988 uccise la guardia giurata Carlo Beccari durante l’assalto a un furgone portavalori, davanti alla Coop di Casalecchio. Ex poliziotto della squadra mobile di Bologna, con i tre fratelli Savi faceva parte della banda, ma con un ruolo minore. Occhipinti è in carcere a Padova dal 1994, due anni fa aveva usufruito di un permesso, per partecipare alla via Crucis.
«Siamo fuori dalla grazia di Dio - commenta Rosanna Zecchi, presidente dell’associazione dei familiari delle vittime della Uno Bianca -, gli auguro solo di non pentirsene. La notizia ci amareggia, anche se la temevamo. Speravo tenessero conto di quanto ha fatto, sono perplessa». Secondo l’associazione, il sovraffollamento delle carceri può incidere. «Occhipinti uccise un giovane e poi si dissociò, sostenendo che fu un atto di debolezza, in realtà per sette anni stette zitto. Avesse parlato, altri si sarebbero potuti salvare: sapeva cosa avveniva in questura».
Il comitato scriverà probabilmente una lettera al ministro Saverino, perché stoppi il provvedimento. Durissime le parole di Luigi Beccari, l’anziano padre della vittima: «Non accetto niente. Deve star dentro e marcire. Sono avvelenato, come tutti». Al padre della guardia giurata è giunta voce che la madre dell'assassino voglia andare a casa sua, a chiedere perdono. «Ma quali scuse? Ho un figlio morto, e ora sono solo, su una carrozzina: mia moglie è in una casa di riposo, con l’Alzheimer, e non abbiamo nessuno. Quel delinquente lì deve stare dentro». A distanza di quasi 24 anni, il rancore resta nella mente di papà Beccari. «Avrei il coraggio di ammazzarlo, solo così potrei star bene. Provo un grande dispiacere, senza fine. Hanno liberato un assassino incallito. Venisse a casa mia, lo perdonerei con una bara: non uscirebbe con i suoi piedi».
La signora Graziella Baldi, mamma di Marino, abita nel Forlivese, a Santa Sofia, ieri pomeriggio neppure sapeva della semilibertà. «Cercherò di parlargli al telefono, in carcere». Parla con un filo di voce, operata da poco. Di recente aveva dichiarato di comprendere il dolore dei familiari delle vittime. «Però oggi mio figlio è un’altra persona, perciò spero di riabbracciarlo a casa. Certo la notizia della semilibertà mi fa piacere». Secondo l’avvocato dell’ex poliziotto romagnolo, Milena Micele, è stata applicata in maniera rigorosa la legge. «Come quando gli fu inflitto l’ergastolo». Uscirà dal carcere di Padova la mattina, per andare a lavorare alla cooperativa sociale Galileo, e poi rientrerà. «È una modifica profonda, per una persona in carcere da quasi vent’anni. Resta l’assoluto rispetto per i familiari delle vittime».
Unanimi le critiche, a partire dal sindaco di Bologna Virginio Merola. «Rispetto le decisioni della magistratura, mi sarei aspettato un pronunciamento diverso».

Il diritto, però, è cieco.

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