Gli ultrà del Siena scortano Galliani allo stadio

Cannavaro segna una doppietta e salva la Juventus dalla beffa contro l’Empoli: il vantaggio su Inter e Milan (vittorioso a Siena con due gol di Kakà) resta invariato

Franco Ordine

nostro inviato a Siena

Sembra una scena d’altri tempi. Bisogna venire da queste parti, nel cuore della Toscana rossa e laboriosa, per capire che c’è ancora una strada che ci può portare alla salvezza. Pensate a questa scenetta di ieri mattina, vissuta nei vicoli di Siena. Adriano Galliani è al comando di un drappello di familiari; si preparano per andare allo stadio dopo la colazione nell’albergo del centro scelto dal Milan. Galliani è circondato anche da un piccolo nucleo di poliziotti: «Siamo qui per scortarla allo stadio, non è il caso di andare da solo», spiega il più alto in grado mentre il vice-Berlusconi è con gli occhi al cielo ad ammirare la torre del Mangia e a fare da cicerone a un paio di ragazzini del seguito. La preoccupazione monta per un paio di cartelli affissi sulle saracinesche dei negozi: raccontano l’avversione verso il nuovo calcio incarnato dal dirigente di scuola Mediaset. Galliani ha uno scatto degno di Silvio Berlusconi. Invece di cedere alla lusinga della scorta, vede passare un gruppetto di ultrà del Siena, tutti bardati con bandieroni e sciarpe bianconere, e propone al volo: «Posso venire con voi allo stadio? Non sono il massimo della simpatia, ma non mi prenderete a calci». «A calci, mai» fa uno degli ultrà e apre il varco ad accogliere il dirigente del Milan. Galliani si mette al braccio del più robusto, prende in contropiede la scorta ufficiale e s’incammina verso lo stadio. Durante il tragitto, cento-duecento metri al massimo, la pittoresca carovana finisce con l’accendere la curiosità dei senesi comuni.

E invece di insulti o offese, ecco che molti si avvicinano a Galliani, scattano foto con i telefoni cellulari, danno l’alt per avere un autografo. Scena degna del campionato inglese. Viva Siena e quel satanasso di Galliani. Senza volerlo ha vinto prima dei sigilli di Kakà e Shevchenko.

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