Ultrà di tutta Italia uniti «È l’ora della vendetta»

RomaRitualità, simboli, segnali in codice. Liturgia ultrà. Per vendicare la discutibile sentenza che ha risparmiato il poliziotto della Stradale responsabile della morte del tifoso laziale Gabriele Sandri, i «cani sciolti» della tifoseria biancoceleste hanno indossato i passamontagna e lanciato pietre dandosi appuntamento nella piazza amica, una volta famosa per i lucchetti dei pomicioni alla Federico Moccia, col tempo diventata emblema di verità giudiziaria, di dibattiti sponsorizzati dal sindaco Alemanno, di contest-azione «mordi e fuggi»: Ponte Milvio. Qui, la sera del verdetto confutato, campeggiava lo striscione «6 anni... vergogna». Qui, la sera del 24 giugno, per discutere delle prove raccolte contro l’agente Luigi Spaccarotella, s’erano ritrovati tremila amici del defunto supporter-dj e i capi ultrà arrivati a rendere omaggio da ogni parte d’Italia. Qui, nel trigesimo della morte di «Gabbo», venne affissa una lapide e piantata una magnolia. E sempre da queste parti, forse la stessa pattuglia mista di teppisti laziali e romanisti già protagonista dell’assalto a una caserma dei carabinieri la sera del lutto dell’11 novembre 2007, sempre col buio ha concesso il bis circondando la stazione dell’Arma, danneggiando auto e finestre, facendo scappare i clienti della pizzeria Pallotta e i dirimpettai dal Bar Mondi. E proprio da Ponte Milvio potrebbe partire la manifestazione di protesta che in queste ore preoccupa non poco Digos e Anticrimine dei carabinieri, manifestazione voluta dalla famiglia Sandri ma ad altissimo rischio strumentalizzazione - spiegano alcune note informative - da parte di quelle frange estreme che anche dall’estero (vedi gli Ultras Sur del Real Madrid, gli «amici» del Chelsea, del Paris Saint Germain e altri) si sono già dette pronte a sfilare a Roma in nome e per conto della medesima «mentalità ultrà» oltraggiata da un tribunale definito «infame» dalle tifoseria gemellate, Inter e Triestina su tutte. Il tam tam dei capi fazione, monitorato on line su una quindicina di blog e in almeno tre chat insospettabili, con microspie piazzate a tempo di record, attraverso l’intercettazione di una ventina di utenze cellulari che gli hooligans romani credono sicure, lascia presagire il peggio. Somiglia alla chiamata alle armi ascoltata sul cellulare «der vampiro», frequentatore di curve, a poche ore dalla morte di Gabriele Sandri in un incrocio di telefonate con «er nano», «er talpa» o «lo sciacallo»: «Vojo brucia’ tutto, stasera vojo brucià tutto». La rabbia per quei sei anni a Spaccarotella è tanta, e monta insieme al desiderio di rappresaglia che contagia pure quelle tifoserie ostili, «nemiche», «mai gemellate» con la curva degli «Irriducibili» e dell’ex «Banda ’noantri», oggi rinominata «In basso a destra», decimata dagli arresti per colpa di Chinaglia, dai «daspo», dalle perquisizioni in corso. L’affronto a «Gabbo» e il relativo happening, secondo quanto captato in queste ore dalla polizia, potrebbe fare da volano per regolare conti in sospeso: la battaglia contro la tessere «unica» del tifoso, l’ira per le restrizioni nelle trasferte, l’esposizione degli striscioni, il sequestro di sedi (l’ultima a Cagliari), le inchieste per le estorsioni ai club, soprattutto la vendetta contro i poliziotti che ammazzano e non pagano mai: nelle comunicazioni monitorate dagli inquirenti si fa continuo riferimento al no global Carlo Giuliani morto a Genova, al falegname Aldo Bianzino trovato senza vita nel carcere di Perugia, a Federico Aldrovandi deceduto a Ferrara per una sospetta colluttazione con un equipaggio del 113. Le rappresaglie potrebbero scattare da subito nelle partite di precampionato delle squadre. E per il processo d’appello proprio i disordini scatenati ad arte sarebbero lo strumento per fare pressione sui giudici. Niente c’entra col calcio, ma tutto coincide, a sentire i Blac block da stadio, coi continui favoritismi ai «killer in divisa». Tipo Spaccarotella. A cui, in rima, c’è chi augura «un’esistenza in carrozzella» e chi «una pistolettata invece della cella». La solidarietà ultrà post sentenza mette improvvisamente da parte vecchie inimicizie, rancori sanguinari, acredini, risentimenti reciproci basati su opposte ideologie. Persino gli odiati «rossi livornesi» trovano sponde insperate sollevando un tema caro al movimento: il doppiopesismo giudiziario, laddove c’è il poliziotto che spara a Sandri ed è graziato «colposamente» senza essersi fatto un giorno di galera, e c’è il tifoso catanese sospettato d’aver ammazzato l’ispettore Filippo Raciti, che dentro ci finisce per mesi, da minorenne, restando ai domiciliari in attesa di una condanna probabile. «Uccidere un ultrà non è reato» rilanciano in serata i gruppi doriani. Il ritornello fra gli interlocutori, molti dei quali a capo dell 33 sigle ultrà presenti ai funerali di «Gabbo» in piazza della Balduina, è quello della legge che (non) è uguale per tutti: «Fin quando la violenza dello stato si chiamerà giustizia, la nostra giustizia si chiamerà violenza» urlano i cugini-nemici napoletani.

L’appuntamento per la manifestazione è ancora al buio, la data da definire. Ma se il corteo si farà, e muoverà da Ponte Milvio, occorrerà rinforzare la caserma dietro l’angolo. La voglia di giustizia potrebbe trasformarsi in frenesia di vendetta.

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