«Io sono», dice Umberto, «anche il Re di Trieste. Molti triestini affermano che, siccome non hanno votato con gli altri italiani nel referendum del 1946, la loro terra è lultima parte del Regno dItalia. Sono stato, secondo alcuni giuristi, il Re della Libia, nella quale vigeva, fino alla proclamazione del nuovo regno, il regime armistiziale per il quale la potenza occupante doveva lasciare intatto lo status quo ante. Dovrei essere il Re delle Due Sicilie: le popolazioni soggette a Francesco II votarono a suo tempo per unirsi allItalia unita sotto il regno di Vittorio Emanuele e dei suoi successori, e le stesse popolazioni diedero la maggioranza alla monarchia nel 1946, confermando il voto di 75 anni prima. Dovrei, secondo molti siciliani, assumere la corona di Sicilia: lisola è un antico regno che è stato anche della mia Casa ed ha votato con grande maggioranza per la monarchia. Ne parlo come di curiosità perché neppure per un momento mi è venuta la tentazione di accettare questi regni, che sarebbero la violazione delleredità del mio bisnonno. La decisione non è di oggi. È di sei anni fa, presa la sera in cui partii dallItalia, quando rifiutai di andare a Napoli, dove la popolazione mi attendeva e mi avrebbe acclamato, per non mettere in pericolo lunità ed aggiungere alle altre disgrazie dItalia anche la guerra civile».
Umberto parlava di queste cose nel suo studiolo, al primo piano di Villa Italia, in una cameretta foderata di libri con un balcone che dà sul mare. \ Era lora del tramonto. Si sentiva il fragore del mare sulla spiaggia, il cantare dei pneumatici che correvano sulla strada, tra la villa e la spiaggia, e, nelle stanze accanto, lincerto strimpellare di una principessina che faceva al piano gli esercizi elementari, suono placido a pomeriggio in provincia. Le udienze erano tutte finite. Lultimo era stato uno studente milanese serio e turbato che se nera andato poco prima. Umberto era salito, dal salotto del pianterreno, dove riceve le visite, allo studio, per parlare più tranquillamente. \
«Naturalmente tutti mi vogliono diverso. Lei ha visto dalle lettere come mi vuole la povera gente, il re ricchissimo, onnipotente, misericordioso. Poi ci sono i vecchi servitori della monarchia, gli alti funzionari e i dignitari di mio padre che mi vogliono in uniforme a cavallo, con la sciabola sguainata, gli avventurosi che mi vogliono far sbarcare su una spiaggia solitaria, la notte, con un manipolo di fedeli. Ho un amico a Roma che mi scrive che il dovere di ogni re è sempre stato quello di difendere il popolo dai baroni rapaci e prepotenti, che i baroni di oggi sono i monopoli, per cui dovrei essere il re dei socialisti e salvare gli italiani dagli esosi profittatori. Ora che il Partito Monarchico e il Msi progettano alleanze elettorali cè chi parla di me come re fascista.
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