Sì, noi italiani siamo impazziti. Impazzita è Rita Levi Montalcini, premio Nobel, che si aspettava dal suo governo un investimento sulla ricerca. Impazzito è il ministro degli Esteri DAlema che ha chiesto maggiori fondi per la Farnesina. Impazzito è Giuliano Amato che si è preoccupato per le risorse del ministero dellInterno. Impazzito era Carlo Azeglio Ciampi quando ha parlato di una Finanziaria senza anima. Impazzito era il governatore Draghi quando ha chiesto riforme strutturali. Impazzito è il senatore Pallaro, alla voce finanziamenti per gli italiani allestero. Impazziti sono i sindaci, i professionisti, i commercialisti, i negozianti, i medici, i dipendenti del pubblico impiego. Cinquantasei milioni di pazzi. Con una sola eccezione: Romano Prodi.
È lui lunico a preoccuparsi del futuro, in un Paese di spendaccioni, lobbisti, scialacquatori, evasori fiscali, di gente che parcheggia in seconda fila, che preferisce il piccolo uovo di oggi alla grassa gallina di domani. Insomma siamo un popolo che non vuole capire che sta iniziando quellera di felicità che il numero uno dellUnione aveva promesso in campagna elettorale. Siamo alle porte del Paradiso in terra e non vogliamo riconoscerlo.
Il presidente del Consiglio è in preda ad una sindrome che, se è brutta per le persone comuni, appare pericolosa per chi ha in mano un potere di governo. Cè una vasta letteratura sullargomento. Senza scomodare i classici e senza neppure ricordare cosa venne scaricato su Berlusconi quando si lasciò sfuggire la famosa battuta sui «coglioni», ora cè essenzialmente da dire che quando un esponente politico se la prende con tutti gli altri, anche con coloro che lhanno votato, questo vuol dire che è solo, che non capisce il Paese in cui vive e che è fuori della realtà. Non cè unaltra spiegazione.
Gli esperti di dietrologia ci diranno oggi che questo sfogo è dovuto a tante piccole ragioni. Un senatore a vita, finora militante del centrosinistra, che minaccia di non dare il suo assenso alla Finanziaria e che, con lautorevolezza del premio Nobel ricevuto, pone un problema più generale di credibilità. Ministri della sinistra antagonista che lanciano lavvertimento di un disimpegno. Il vicepresidente del Consiglio e ministro degli Esteri, già autore del ribaltone del 98, che viene riconosciuto dai giornali come il grande statista capace di andare a Kabul per dimostrare di essere lui il vero punto di equilibrio della coalizione. E così via. Gli esperti di dietrologia ci diranno cioè che quell«impazziti» era riferito a persone con un nome e con un cognome, considerate decisive allinterno della maggioranza.
Ma questo non basta. Nellesternazione di Prodi cè qualcosa di più profondo: cè un senso di insopportazione nei confronti non solo dei contrasti politici più o meno espliciti interni allUnione, non solo delle critiche al suo operato venute da ambienti considerati vicini, ma soprattutto verso la legittima opposizione ad una politica economica che una maggioranza di italiani considera pericolosa per i propri interessi, per il proprio lavoro e per linsieme del Paese.
Allora cè solo da ammettere che è vero, che siamo impazziti, che non vogliamo il futuro che ci sta preparando il presidente del Consiglio.
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