«Unico errore, i regali a Natale per Vika»

(...) «L’incontro avvenne il 25 agosto del 2006 nella sede del Comune e il nostro timore era che la bambina potesse venire sottoposta ad una visita ginecologica. Vika - ha ricordato - alla vista del console bielorusso e delle due specialiste, ebbe reazioni non adeguate all’età e dall’emozione si fece la pipì addosso». La Simi ha ricordato che nella relazione inviata poi al tribunale per i minori, che aveva deciso il rientro anticipato della bambina (invece del 31 ottobre, l’8 settembre), aveva scritto di non ritenerlo opportuno in quelle condizioni. «La bambina - ha detto - continuava a ripetere di aver paura che la portassero via i russi. Diedi invece la mia disponibilità a seguire la bambina in patria quando il tribunale per i minori mi comunicò le modalità».
La neuropsichiatra ha poi raccontato il blitz per il rientro di Vika in patria. «Era molto eccitata, ma aveva fiducia in me e nella dottoressa Battaglia. Era inoltre molto contenta perché i carabinieri le avevano comperato dei doni. Arrivati però nel centro di permanenza, alla vista di operatori in camice che ci attendevano in fila, Vika si spaventò e volle che io dormissi nella camera accanto. Il giorno dopo chiese un gattino e glielo diedero. Insomma l’impatto non fu drammatico». «Trovai invece sconveniente - ha sottolienato - quando a dicembre tornai a trovare Vika nella famiglia affidataria, che i Giusto le avessero inviato uno zaino e delle scarpe di Barbie, perché la bambina doveva integrarsi con la sua realtà, dove il livello di vita è povero».
Ha quindi deposto lo psicologo Alberto Barbagelata che visitò la bambina tre volte, anche dopo che aveva cercato di annegare ad Arenzano. «Era l’estate del 2006 - ha ricordato - quando la bimba mi venne portata d’urgenza dai coniugi Giusto perchè Vika diceva di voler diventare un angelo per poter rimanere con la propria famiglia in Italia». Seppi inoltre che Vika nel viaggio verso l’Italia venne scoperta con due lamette addosso e dei suoi racconti alla signora Bornacin delle violenze subite nell’istituto da parte di ragazzi più grandi che obbligavano anche i più piccoli a commetterle. «Attraverso i disegni - ha aggiunto - Vika raccontava se stessa e il suo vissuto: di essere stata oggetto di violenza, bruciata da mozziconi di sigarette e da accendini, di aver subito rapporti sessuali». Il difensore degli imputati, Giovanni Ricco, ha depositato al tribunale tre disegni fatti da Vika. «La mia relazione al tribunale era stata molto chiara - ha concluso -: l’allontanamento forzato di Vika dalla famiglia di Cogoleto era un grave errore». È stato quindi sentito il comandante dei carabinieri di Arenzano Pittaluga e il sindaco di Cogoleto Attilio Zanetti.

Nel ricordare l’ incontro in Comune di Vika con la delegazione bielorussa, Zanetti ha detto commosso: «Non dimenticherò mai gli occhi pieni di terrore e di paura di Vika alla vista dei suoi connazionali». Il processo è stato rinviato al 23 maggio per sentire i testi della difesa.

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