Unicredit, Banca Unica alla stretta finale Il varo per il 13 aprile

Il progetto di Banca Unica (il «Bancone», come viene chiamato confidenzialmente all’interno del gruppo Unicredit) sta andando ormai in discesa: il consiglio straordinario già convocato per il 13 aprile varerà definitivamente il riassetto che sta a cuore ad Alessandro Profumo. Ieri il comitato strategico del gruppo ha approfondito, in particolare, la figura del Country manager, il soggetto che - sullo stile della maggior parte delle multinazionali - avrà un ruolo e una responsabilità di primo piano, visto che qui si tratta di fondere le attività bancarie nel nostro Paese. Figure di Country manager, nel gruppo Unicredit, esistono già in Germania, Austria e Polonia da circa un anno (Unicredit è presente in 22 Paesi). L’adozione di questo «istituto» anche in Italia, comporta una riflessione anche su ruoli e responsabilità delle analoghe figure all’estero: l’approfondimento è in corso (nei prossimi giorni, prima del 13, sono previste altre riunioni), ma prevale al momento l’idea che dev’essere il Country manager a modellarsi sulle specificità del Paese, e non il contrario. Per questo, potranno esserci delle varianti su uno stesso modello; ed essendo l’Italia il mercato-chiave per il gruppo, ne consegue che il Country manager italiano rivestirà un ruolo di assoluta importanza e delicatezza.
Quello che lo stato del dibattito interno tende invece a escludere è che l’assetto del gruppo, dopo la creazione di Banca Unica, possa essere «filtrato» da una subholding italiana. Allo stato, il «Bancone» assorbirà al suo interno, come unica entità legale, le tradizionali attività della banca, che resteranno suddivise in tre divisioni opportunamente «rivisitate». Quella retail si chiamerà «Famiglie e Pmi», e accoglierà le imprese fino a 50 milioni di fatturato; sopra questa cifra, la divisione «corporate» (che si chiamerà Corporate & investment banking-Cib); infine, la terza divisione resterà dedicata all’attività del «private banking».
Il tema da cui trae i fondamenti il progetto è di estrema attualità, specie dopo i risultati delle elezioni e il successo leghista: è il rapporto della banca con il territorio, che dovrà essere, nelle intenzioni, molto più stretto di oggi. Banca Unica nasce per portare più a valle, in Italia, le deleghe operative affidate ai manager della banca, creando valore aggiunto con due azioni: la semplificazione dell’operatività e la rapidità dei tempi di risposta alle istanze della clientela.
Dopo il consiglio straordinario di martedì 13, il piano proseguirà il suo iter di approvazioni, a cominciare da quella della Banca d’Italia. Entro la fine dell’anno tutti i passaggi tecnico-giuridici dovrebbero essere completati per poter varare alla piena attività la nuova configurazione all’inizio del 2011.
L’attualità del progetto trova una sponda importante nel risultato elettorale.

Tra i grandi azionisti di Unicredit ci sono infatti la Fondazione Cariverona (4,98% del capitale) e Cassamarca (0,8%), due realtà che risentono del trionfo del leghista Luca Zaia nel Veneto. E anche la Fondazione Crt, azionista con il 3,7% del capitale, potrà registrare i nuovi equilibri politici dopo l’elezione del leghista Roberto Cota in Piemonte.

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