Unicredit chiude il caso Rampl «È un problema che non esiste»

Cinque, sei ore di riunioni e di tensioni, e poi un’uscita alla spicciolata, con l’ad Federico Ghizzoni e il vicepresidente Fabrizio Palenzona tra gli ultimi ad andarsene. Bocche non cucite: cucitissime. Perché i comitati di Unicredit riuniti in successione - permanente strategico, governance e nomine, remunerazioni - avevano sul tavolo delle questioni bollenti. La più scottante di tutte, il possibile abbandono di Dieter Rampl, il presidente prima stratega dell’uscita di Alessandro Profumo e oggi insoddisfatto numero uno di un gigante in cerca di nuova identità. Nei corridoi di piazza Cardusio ieri si cercava strenuamente di far passare per «normale» l’attività dei comitati a una settimana dai conti dei nove mesi, che saranno sottoposti al cda martedì prossimo. Ma il vero tema di ieri era la permanenza di Rampl, il cui stato d’animo è descritto come indispettito per le scelte compiute sul direttore generale: l’incarico è stato affidato a Roberto Nicastro, quando invece Rampl preferiva la soluzione duale; l’altro candidato, Sergio Ermotti, è dimissionario dall’investment banking, e per la successione c’è un braccio di ferro.
I temi che si accavallano sono molti, e alcuni di essi sono di natura strategica, tale da poter innescare nuove sorprese. Si è parlato di un ritiro del gruppo dalla Germania, una sua rifocalizzazione come banca commerciale. Nelle sue ultime dichiarazioni, Rampl ha solo ricordato che il suo mandato scade nell’aprile del 2012. Il primo ieri sera che ha pronunciato qualche (sibillina) frase è stato il direttore operativo Paolo Fiorentino: «Rampl è una persona equilibrata, non lo sottovaluterei». Poi, finalmente, poco prima delle 21 è uscito da palazzo Broggi il vicepresidente vicario, Luigi Castelletti, e ha rotto il ghiaccio dicendo che il problema delle dimissioni di Rampl «non esiste, non è mai esistito e mai esisterà». Parole confermate da un altro vicepresidente, Vincenzo Calandra Bonaura, il quale ha aggiunto che nei comitati non si è parlato della successione a Ermotti. Ma la discussione, da indiscrezioni, non è stata una passeggiata.
Una risposta a molti interrogativi sul tappeto è venuta dall’intervista di Ghizzoni pubblicata ieri dal quotidiano tedesco Handelsblatt. Su Ermotti ha detto che «è sostituibile, è sbagliato credere che se ne va perché vogliamo ridurre il peso dell’investment banking». Quanto alla redditività, «l’obiettivo è riportare la banca al top della classifica europea nel medio termine». Ma «il settore non raggiungerà nei prossimi 3-4 anni i livelli di redditività pre-crisi». Ancora: «Non ha alcun senso vendere le attività in Germania.

Non modificherò il dna di questo grande gruppo europeo». Anzi, «vogliamo crescere ancora nell’Europa dell’Est». Infine, un’ammissione: «Il 2010 non sarà un anno brillante, ma siamo una delle poche banche in Europa che non hanno ricevuto aiuti statali».

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