Unicredit fa il botto (+13%) Ma la Libia molla la presa

Unicredit fa il botto (+13%) Ma la Libia molla la presa

Malgrado la ritirata strategica della Libia, l’amministratore delegato di Unicredit, Federico Ghizzoni, si avvia portare a termine con il tutto esaurito la «lotteria» dell’aumento di capitale da 7,5 miliardi: in Borsa il titolo, con una progressiva accelerazione, ha chiuso in rialzo del 12,90% a 3,36 euro. «Credo che da parte del mercato ci sia la sensazione che l’aumento proceda bene e che parecchi abbiano realizzato che la banca abbia buoni fondamentali», ha detto Ghizzoni. Rialzo a due cifre, comunque, anche per altre portagoniste del settore come Bpm, (+17,6%), Banco Popolare (+13,8%) e Unicredit (+12,9%), seguite da Mediobanca (+9,4%), Ubi (+6,2%) e Intesa Sanpaolo (+6,1%).
A galvanizzare gli investitori (3,47 euro il picco) ha contributo l’effetto Commerzbank: non appena è stato chiaro che il grande istituto tedesco è in grado di svolgere, da sola, i compiti richiesti dall’Eba, gli istituzionali si sono precipitati a chiudere gli arbitraggi su Unicredit, «ritarando» gli strike dei derivati. Gli stessi strumenti su cui la scorsa settimana si erano appoggiate alcune Fondazioni azioniste di Piazza Cordusio per racimolare qualche soldo da reinvestire sul gruppo: come Carimonte, cha ha dato in prestito un pacchetto dell’1,6%, restando titolare solo dell’1,3% rimanente. Incandescenti i diritti che sono cresciuti del 41,71% a 2,72 euro, azzerando quasi del tutto lo sconto sul titolo: oggi è l’ultimo giorno di contrattazione, mentre l’aumento di capitale si conclude venerdì 27.
La corsa a perdifiato porta a quota +28,2% il rialzo di Unicredit dal 9 gennaio, data di avvio della ricapitalizzazione. Vorticosi gli scambi (278 milioni di pezzi), alimentati da un ritorno di ordini dagli Stati Uniti: dopo il fondo Capital Research che ha fatto da apripista con il 2,5%, si attendono altri debutti di rango. Di segno opposto la marcia della Banca centrale libica che dimezza la partecipazione dal 4,9% al 2,8%: «Non è il momento per investire all’estero», «c’è una decisione del consiglio dei ministri. Intendo né aumenti di capitale, né iniezione di mezzi freschi negli investimenti esteri», ha detto il governatore dell’istituto centrale Saddeq Omard Elkaber. Con tutta probabilità farà lo stesso anche il fondo sovrano Lia, titolare di un altro 2,5 per cento. Il primo azionista del gruppo si avvia quindi a diventare il fondo di Abu Dhabi, Aabar, che ha già prenotato il 6,5 per cento.

Sul fronte italiano, passo indietro invece della famiglia Maramotti, storico azionista industriale di Unicredit come i Pesenti: l’imprenditore della Max Mara ha finora limitato a 50 milioni di euro l’esborso per l’aumento di capitale, sufficiente per coprire la metà (0,55%) del pacchetto azioniario in suo possesso (1,2% all’ultima assemblea dei soci).

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