Unicredit, l’addio di Rampl «Non mi ricandido più»

Dieter Rampl non sarà più il presidente di Unicredit. Al termine di un consiglio di amministrazione durato oltre sette ore (al quale ha partecipato anche il vicepresidente Farat Omar Bengdara, ex governatore della Banca centrale libica), il numero uno dell’istituto - dopo essere giunto a minacciare le dimissioni - si è chiamato fuori dal prossimo board di Piazza Cordusio dichiarando la propria «indisponibilità» alla ricandidatura.
L’oggetto del contendere è stato il ridisegno della nuova governance dell’istituto di Piazza Cordusio che dovrebbe passare attraverso un dimagrimento del cda, attualmente a 20 componenti, a 15-17 consiglieri. Questo era il punto fermo posto dallo stesso Rampl nelle scorse settimane al vaglio degli azionisti attraverso una formulazione «qualitativa e quantitativa». Una condizione irrinunciabile alla quale le Fondazioni azioniste (diluitesi dopo il maxiaumento da 7,5 miliardi al 12% circa) hanno espresso una forte opposizione. E nei vertici di lunedì a Modena e di ieri mattina a Milano l’irritazione dei «vecchi» grandi azionisti è tracimata in un forte dissenso. «Dopo che abbiamo partecipato negli anni agli aumenti, non possono accompagnarci alla porta», ha rivelato il presidente di una delle istituzioni coinvolte. Ovvio che il discorso non riguarda tanto Fondazione Crt, Cariverona e Carimonte Holding - la cui «presa» è rimasta sostanzialmente immutata - ma le più piccole, a partire da Banco Sicilia, Cassamarca e CrTrieste la cui presenza sarebbe stata chiaramente messa a repentaglio sia dal comparire di nuovi soci come Francesco Gaetano Caltagirone e Diego Della Valle che dal rafforzamento di quelli già presenti come il fondo di Abu Dhabi Aabar e Leonardo Del Vecchio (salito poco sopra all’1%).
In realtà, nel corso del pomeriggio sembrava che vi fossero i margini per una trattativa - parzialmente «sponsorizzata» dal vicepresidente Fabrizio Palenzona - fondata su un allargamento del cda in cambio di una riconferma dell’uscente Rampl. Trattativa naufragata, molto probabilmente a causa di reciproci sospetti considerato che dopo la rinuncia di Palenzona a correre per la presidenza erano comunque emerse ufficiosamente altre candidature come quelle di Gian Maria Gros-Pietro e addirittura del direttore generale di Bankitalia Fabrizio Saccomanni. Fino all’assemblea di maggio si dovrà comunque trovare una quadra per garantire all’ad Federico Ghizzoni e al suo team la necessaria stabilità per portare avanti il piano industriale (ieri è stato discusso anche il budget 2012).
L’allungamento del consiglio è stato determinato anche dalla discussione dei rilievi formulati dalla Vigilanza di Bankitalia relativamente all’ultima ispezione che ha riguardato il settore del credito al consumo per la clientela del segmento «Family & Sme». Secondo quanto si apprende nelle scorse settimane dirigenti di Via Nazionale avrebbero personalmente illustrato a Piazza Cordusio i punti salienti.

Ieri Pioneer, la controllata attiva nell’asset management ha illustrato il proprio piano basato sulla crescita organica. L’obiettivo quinquennale è un aumento medio annuo delle masse in gestione dell’8%, dai 162 miliardi del 2011.

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