Unicredit, si fa strada la soluzione interna

Stringe il tempo e aumentano le pressioni per la nomina della nuova guida di Unicredit. La Vigilanza della Banca d’Italia ha incontrato il presidente Dieter Rampl per avere gli ultimi aggiornamenti sulle prospettive di governance dell’istituto e fare il punto sull’avanzata nel capitale dei soci libici. Con le dimissioni di Alessandro Profumo una settimana fa, il responsabile dei controlli di Via Nazionale aveva concesso eccezionalmente la concentrazione delle cariche nelle mani del banchiere austriaco, ma aveva insistito da subito affinché questa anomalia fosse tempestivamente superata.
Le prossime tappe prevedono un vertice con i dirigenti nella giornata di oggi per il progetto Banca Unica. Tecnicamente, dovrebbe poi esserci un comitato nomine prima del consiglio del 30 settembre. Si tratta di un passaggio obbligato se si vogliano rispettare i tempi previsti per l’approvazione al cda di giovedì a Varsavia. I contatti tra il presidente e i grandi azionisti continuano a essere intensi per cercare di arrivare a un nome condiviso, ma le indecisioni restano. Dopo tanti anni sotto la gestione del banchiere genovese le Fondazioni stanno alzando la voce reclamando le proprie cause, consci che ogni potenziale nomina potrebbe alterare gli equilibri di potere in corso. E c’è anche chi, come il presidente di Cassamarca (azionista con lo 0,8%), Dino De Poli chiede apertamente di «cambiare la governance» e «prima di nominare un nuovo amministratore delegato», di scegliere «un direttore generale». A fare da scudo alle critiche giunte sul settore da più parti è intervenuto Giuseppe Guzzetti, presidente dell’Acri (Associazione casse di risparmio) che ha sottolineato l’ispirazione aggregante e di consolidamento degli enti. Intanto prende quota l’idea di una soluzione tutta interna alla banca, capace di mettere d’accordo i grandi soci.
La squadra di 4 vice amministratori delegati è parsa affiatata e competente, ognuna nelle proprie singole specializzazioni. Ma gli interrogativi su una gestione complessiva restano, così come le potenziali frizioni che seguirebbero all’avanzamento di uno sull’altro. Per questo si starebbe anche valutando di rivedere la struttura con la nomina di un direttore generale, proveniente dalla squadra di Profumo, cui affidare gli aspetti operativi della banca, e di un amministratore delegato incaricato delle scelte di investimento e strategiche. Il nome di Roberto Nicastro, responsabile delle strutture retail e in precedente a capo delle filiali nei Paesi dell’Est, è il candidato più naturale per garantire alla banca quella continuità ed esperienza auspicata. Resta poi l’idea di chiamare come numero uno del gruppo Andrea Orcel, presidente della divisione global banking di Bank of America Merrill Lynch, ma ieri questa candidatura ha perso peso. La scelta di Orcel, in cabina di regia di quasi tutte le maggiori aggregazioni bancarie degli ultimi 5-6 anni, potrebbe rappresentare, in un momento in cui gli azionisti chiedono più attenzione alle radici territoriali (italiane e tedesche), la volontà di massimizzare gli investimenti nei Paesi emergenti dove la presenza è meno radicata: si potrebbe vendere qualche asset per raccogliere più capitali e magari tornare a distribuire un sostanzioso dividendo agli azionisti. Di certo, chiunque riceverà il timone della banca non avrà modo di prendersela comoda. Il 5-6 ottobre dovrà affrontare la vertenza sindacale sui 4.

700 esuberi, nelle settimane a seguire la vendita di Pioneer, e sul fronte dei risultati dovrà cercare di dare una sterzata ai conti per l’ultimo trimestre dell’anno, interrompendo l’escalation di sofferenze e aumentando la redditività.

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