Unione in crisi, Amato chiede aiuto al Polo

Dopo i disordini di Roma il ministro dell’Interno, sempre più impotente, invoca un accordo con l’opposizione su sicurezza, immigrazione, fisco e infrastrutture. Dura la reazione del centrodestra, Cicchitto (Fi): "Il governo trovi le intese nella sua maggioranza"

Unione in crisi, Amato chiede aiuto al Polo

Roma - Il ministro dell’Interno, Giuliano Amato, chiede aiuto all’opposizione. Dopo quanto è accaduto lo scorso sabato a Roma durante la visita del presidente Usa, George W. Bush, il titolare del Viminale tira un bilancio, manifestando una generica soddisfazione. Peccato che la sua stessa ricostruzione dei fatti e l’analisi delle condizioni della sicurezza in questo momento nel nostro Paese appaiano una dichiarazione d’impotenza, lascino trasparire la sua grande preoccupazione e diano un segnale di debolezza che vale per tutto il governo.

In un lungo colloquio con il Corriere della Sera Amato in sostanza invita al dialogo tra maggioranza e opposizione per trovare un’intesa almeno su quattro punti: fisco, immigrazione, infrastrutture e sicurezza. Non occorre essere fini politicanti per capire che evidentemente Romano Prodi da solo con la sua maggioranza risicata non riesce ad andare da nessuna parte. Per le grandi riforme occorre sempre confrontarsi con l’opposizione ma nel caso di questo governo non si può farne a meno comunque. Ma più scottante è senza dubbio il tema della sicurezza. Non si è mai sentito un ministro dell’Interno dire «spero» che i reati non restino impuniti. Dal titolare del Viminale ci si aspetterebbe «farò in modo che» o almeno «garantisco l’impegno» in quella direzione. Ed è altrettanto inusuale che il responsabile della sicurezza paragoni gli agenti di polizia a San Sebastiano, come fosse dovuto che tutti si votino al martirio.

Inevitabile che l’amo lanciato da Amato resti a penzolare nel vuoto: il centrodestra non abbocca. Per il senatore Alfredo Mantovano (An)le sue dichiarazioni «sono irritanti». «Al ministro sfugge che le frecce indirizzate a San Sebastiano non erano di gomma, come non lo sono state le pietre scagliate sabato ai poliziotti dai compagni di lotta - osserva Mantovano -. Il disagio che si vive nei commissariati e nelle stazioni è causato dall’assenza di mezzi in virtù dei tagli alla sicurezza nell’ultima legge finanziaria, operati con l’acquiescenza del ministro dell’Interno. E non si può auspicare che i responsabili delle violenze siano puniti se si è permesso loro di tutto e li si è premiati con i viaggi gratis in treno». Nessuna possibilità di dialogo dunque, conclude Mantovano, se non dopo che Amato «e i suoi compagni di lotta e di governo avranno tolto il disturbo».

Al vicecoordinatore di Forza Italia, Fabrizio Cicchitto, il compito di far notare ad Amato che l’intesa andrebbe cercata prima di tutto all’interno del governo e della maggioranza di centrosinistra. «La proposta di Amato nasce dal fatto che proprio su quei quattro punti l’accordo non c’è tra i partiti di governo - osserva Cicchitto -. Il centrodestra, però non può ridursi a fare una sorta d’opposizione di sua maestà accettando una strana logica consociativa, secondo la quale una risicata e divisa maggioranza, con al massimo il cinquanta per cento dei voti, dopo aver occupato tutte le posizioni istituzionali poi cerca di usare l’opposizione per sanare le sue contraddizioni interne».

Il ministro degli Interni è «al capolinea» secondo Luca Volontè, capogruppo dell’Udc alla Camera. «Polizia come San Sebastiano? Forse dimentica che il patrono è San Michele. Lamentarsi per le violenze contro le forze di polizia e nulla fare da responsabile politico degli Interni è inaccettabile», osserva Volontè che accusa Amato di essere succube «della ideologia dei no-global comunisti».
E dalla maggioranza è proprio Pino Sgobio, capogruppo del Pdci alla Camera a bacchettare per primo Amato.

«Ma come si fa a trovare accordi con chi ha programmi diversi e opposti da quelli dell’Unione?» chiede Sgobio che ricorda al ministro «che il governo di centro-sinistra ha un programma ben preciso e dettagliato» e dunque «basta applicarlo». Se invece «qualcuno all’interno dell’Unione pensa ad altre maggioranze diverse da questa che c’è, lo dicesse chiaro, perchè così si torna diritti al voto», taglia corto Sgobio.

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