È appena finita la Messa per la beatificazione di suor Enrichetta, padre Vismara e don Serafino. Il sindaco, Giuliano Pisapia, lascia piazza Duomo, dove ha assistito in prima fila alla cerimonia, fino alla benedizione finale impartita all’Angelus dal Papa in collegamento tv. I cronisti lo raggiungono, gli chiedono del Gay Pride e del registro delle coppie di fatto. Pisapia risponde sicuro: «Majorino ha detto cose chiarissime. Il registro delle unioni civili si farà. Mantengo gli impegni presi in campagna elettorale, a differenza di altri».
L’assessore Majorino durante il Gay Pride ha detto anche che le unioni civili sono solo il primo passo. Pisapia è più evasivo: «Non c’ero, non so che cosa abbia detto. Credo che nessun assessore dica qualcosa che non corrisponde al programma». La comunità gay spinge per passi ulteriori, chiede il matrimonio. Il prossimo anno andrà al Gay Pride? Il sindaco è ormai in fuga: «Non so se ci sarò il prossimo anno...».
Il tema è al centro dell’attenzione della giunta. Marco Granelli, assessore alla Sicurezza, area cattolica, in aspettativa dalla Caritas, sa che in ballo c’è il matrimonio gay, chiesto dalla comunità omosessuale subito dopo il sì arrivato dallo Stato di New York. Granelli mette le mani avanti: «Sono contrario al matrimonio gay, che oltre tutto non è previsto dal programma». Non solo: «Va bene che ci sia un registro ma non un istituto. Se si realizza un istituto, diventa come il matrimonio».
Non è facile camminare in equilibrio tra le parole in difesa della famiglia e del matrimonio e quelle favorevoli alle unioni civili. Non si rischia di essere ipocriti e fare confusione? Granelli replica: «Esistono nella nostra società relazioni tra persone che generano diritti che vanno riconosciuti. Penso al diritto alla casa e ai servizi erogati dal Comune. Anche una comunità religiosa ha queste relazioni».
Perplessità ancora più forti arrivano dal consiglio. Andrea Fanzago, esponente del Pd di area cattolica, è totalmente contrario alle unioni civili: «La famiglia è quella indicata dall’articolo 29 della Costituzione. Altre scorciatoie non hanno senso. Al limite si può pensare a un registro per le coppie eterosessuali con figli, così che i bambini siano garantiti. Invece mi sembra di capire che pensino a questi registri proprio per le unioni omosessuali». Niente unioni civili gay? «E perché mai? Quali sono i diritti non riconosciuti? Già con lo stato di famiglia e la residenza si risolvono i problemi di cui si discute. La famiglia è quella fondata sul matrimonio».
Qualche perplessità arriva anche dal consigliere Marco Cormio, anche lui esponente del Pd di area cattolica. Cormio chiede che il tema sia discusso in consiglio: «Come faccio a dire se sono favorevole alla proposta di Pisapia? Prima devo vederla. Tutti noi di area cattolica dovremo riunirci e valutare. Certamente chiediamo un confronto in consiglio: il gruppo deve essere coinvolto. Ci sono provenienze culturali diverse, ci dobbiamo confrontare».
Nella scorsa consiliatura, nell’aula di Palazzo Marino era stata presentata una mozione che chiedeva l’istituzione del registro delle unioni civili. Ideata dalla sinistra radicale, aveva trovato consensi anche tra qualche esponente del Pdl. Già allora i consiglieri di area cattolica avevano votato contro. E alla fine la mozione era stata bocciata.
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