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Unipol, il giorno delle telefonate

da Milano

È il giorno della verità telefonica. Oggi gli avvocati difensori degli 84 indagati nell’inchiesta milanese sulle scalate bancarie del 2005 potranno leggere le intercettazioni telefoniche che riguardano i politici. Si tratta di 73 conversazioni selezionate dai magistrati, per la cui utilizzabilità processuale sarà necessario chiedere l’autorizzazione al Parlamento. Ma intanto cade il segreto (e sale la tensione per le conseguenze politiche) sulle telefonate che vedono coinvolti sei parlamentari. Da una parte Comincioli, Grillo e Cicu (Forza Italia) che parlavano con Gianpiero Fiorani (allora a capo della Banca popolare di Lodi, impegnata nella scalata di Antonveneta), dall’altra i ds Fassino, D’Alema e Latorre che colloquiavano con Giovanni Consorte (all’epoca presidente di Unipol, che tentava di acquisire Bnl).
Ed è per queste ultime conversazioni che la temperatura politica è salita nei giorni scorsi ed è destinata ad aumentare ancora dopo la rivelazione del contenuto delle telefonate. Perché è vero che le conversazioni non hanno rilevanza penale a carico dei parlamentari, ma sono destinate a gettare nuova luce sul contesto politico e finanziario in cui si svolsero le scalate. In particolare, sul reale rapporto tra coop rosse (proprietarie di Unipol) e Ds. Rapporto che la Quercia derubricava a semplice «tifo», mentre la Margherita definiva «collateralismo», paventando addirittura (con un’intervista di Arturo Parisi al Corriere della Sera nell’estate 2005) il ritorno della «questione morale».

Le scalate provocarono una guerra senza sconti nell’Ulivo: la Margherita schierata contro Fiorani e Consorte, i Ds a favore. Alla fine vinse la Margherita. Ora le nuove rivelazioni renderanno il quadro di quelle vicende più preciso, e con ogni probabilità resusciteranno tensioni e sospetti nel nascituro Partito democratico.

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