Unipol, si muove la Procura del Lussemburgo

I soldi dell’obbligazione sono solo una parte della provvista di quasi 50 milioni di euro individuati dagli inquirenti e riconducibili alle consulenze dell’affare Telecom

Gianluigi Nuzzi

da Milano

L’operazione Mentor realizzata da Deloitte Luxembourg per l’ex presidente di Unipol Gianni Consorte, l’ex ad Ivano Sacchetti e il figlio Marco, sta creando qualche imbarazzo nel tranquillo Granducato. La procura del Lussemburgo si è mossa e valuterà la segnalazione, di fatto una specie di denuncia, della stessa Deloitte sull’operazione che ha consentito ai tre italiani di far rientrare in Italia 11,3 milioni di euro nel 2002. Con lo scudo fiscale. Somma che gli inquirenti milanesi hanno individuato analizzando i quattro dossier dell’Unione fiduciaria di Milano intestati a Sacchetti e Consorte. Ma che non sanno da dove sia arrivata. Per questo nei prossimi giorni dovrebbe partire anche una rogatoria della procura di Milano per ricostruire la genesi del bond da 11,3 milioni e altre operazioni emerse dalle indagini del procuratore aggiunto Francesco Greco e dei pm Giulia Perrotti ed Eugenio Fusco. Insomma, il Lussemburgo rappresenta il crocevia delle triangolazioni finanziarie. E non solo perché la Bell di Chicco Gnutti, dominus nella vicenda Telecom, ha sede proprio qui. Oppure perché la lussemburghese Mentor Sa era il ponte per i denari dei vertici Unipol tra il Granducato e i conti dell’allora Popolare di Lodi. Ma perché a movimentare denari e imbastire le operazioni sono sempre le stesse persone. Personaggi che ritrovi al Cercle Munster, esclusivo club frequentato da molti operatori finanziari del Granducato, al La Lorraine per gustarsi crostacei o all’italiano Mosconi di rue Munster. Ma anche professionisti come Claudio Zulli, commercialista storico di Chicco Gnutti e indicato come interlocutore accreditato del mauriziano Maurice Lam, manager al vertice di Deloitte Luxembourg. Anche qui, tra i 600 dipendenti del quartier generale di rue Neudorf 560, tra mobili di bamboo e tecnologie ultra-avanzate, si vocifera che da New York arriveranno presto i supervisori. Esperti incaricati di ricostruire la trama dell’intera vicenda, seguita dalla divisione Tax nel Granducato. Dall’operazione Mentor/Consorte, Deloitte deve aver fatturato 200-250mila euro; ma in questa operazione potrebbe non essere il guadagno a interessare, quanto i vari passaggi dell’emissione obbligazionaria. E la corretta applicazione della legge italiana per il rientro dei capitali. In altre parole: Consorte e i Sacchetti avevano realmente disponibilità delle obbligazioni emesse da Mentor prima dell’1 agosto 2001, data ultima prevista dalle norme dello scudo fiscale? Una scelta comunque vincente. Perché pagando appena il 2,5 per cento di multa Consorte e i Sacchetti hanno fatto rientrare soldi in chiaro, frutto della vendita delle obbligazioni Mentor, girate alla Classique Ltd di Deloitte, evitando qualsiasi noia con il fisco. Se si fosse scelto, ad esempio, il sistema degli spalloni, bisognava versare il 2% senza nessuna garanzia di evitare controlli futuri. Nessuno all’epoca poteva prevedere, infatti, l’attività degli investigatori italiani che hanno ritrovato la somma nella disponibilità di Consorte, indagato per associazione per delinquere, e dei Sacchetti, padre e figlio. «Siamo ancora lontani dalla ricostruzione esatta - spiega un investigatore - perché all’appello mancano i 14 milioni di euro provenienti dalle operazioni tra Consorte e Fiorani, e, fatto più importante, altri soldi frutto di operazioni tra fiduciarie estere dei quali ancora non abbiamo nemmeno una traccia».

Gli 11,3 milioni di Mentor, infatti, costituiscono appena il 23 per cento della provvista di quasi 50 milioni di euro individuati dalla procura di Milano e riconducibili alle consulenze che sarebbero state fatte da Consorte a Gnutti nell’ambito dell’operazione Telecom.
gianluigi.nuzzi@ilgiornale.it

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