Università, esami venduti: da 8mila a 30mila euro

Sette indagati nelle facoltà di Medicina di Bari, Ancona e Chieti: coinvolti professori, studenti e impiegati. Soluzioni dei test via Sms. Mussi fa il duro: salteranno molte teste

Università, esami venduti: 
da 8mila a 30mila euro
Bari - Paura di non superare il test di ammissione alle facoltà di Medicina e Odontoiatria? Timori di essere bocciati all’esame. No problem. Bastava pagare. Fino a 8.000 euro per mettere la crocetta nella casella con la risposta esatta; fino a 30.000 euro una volta promossi definitivamente. Un andazzo che nelle università di Bari, Ancona e Chieti (e chissà di quanti altri atenei ancora da scoprire...) si era trasformato in un rodato sistema che faceva la gioia di tutti: bidelli e impiegati amministrativi (nel ruolo di intermediari), professori (nel ruolo di corrotti) e studenti (nel ruolo di corruttori). La Guardia di finanza che ha scoperto l’imbroglio parla di «poche mele marce»; sufficienti però a infangare di riflesso anche la maggioranza di docenti e universitari onesti.

Le Fiamme gialle hanno documentato infatti l’esistenza di una organizzazione che ha provveduto a fornire ad almeno una cinquantina di studenti le risposte esatte dei test nel corso dell’ultima prova di ammissione che si è svolta il 4 e il 5 settembre scorso. Gli investigatori hanno intercettato nel corso dello svolgimento della prova telefonate e sms, hanno filmato una fitta rete di complici che riuscivano a fare arrivare le domande dei test a una vera e propria «sala operativa» dove i quesiti venivano risolti e inviati per sms o per telefono ai candidati. L’organizzazione aveva fatto in modo da far iscrivere alla prova per ogni studente almeno una o più persone che lo avrebbero aiutato, ed aveva concordato anche la composizione delle aule. Questo tentativo, almeno nell’università di Bari, è stato però sventato grazie al rettore che, poco prima del concorso, ha deciso di ricollocare gli studenti in aula in base all’età. Sette finora gli indagati dalla Procura della Repubblica di Bari al termine di indagini cominciate l’anno scorso: il ginecologo Giuseppe Varcaccio (consigliere comunale di An a Bari), che aveva un figlio che partecipava ai test; Marcantonio Pollice, il figlio Giulio e la moglie Paola Favaretto, titolari della società che preparava gli studenti ai test; l’esperto di informatica Francesco Avellis, Emanuele Valenzano, papà di una studentessa e Maurizio Procaccini, direttore dell’Istituto di scienze odontostomatologiche e presidente del corso di laurea di Odontoiatria dell’università politecnica delle Marche. Quest’ultimo in serata si è detto «esterrefatto» per l’accusa e ha proclamato la sua totale estraneità ai fatti. Per i sette l’accusa è di associazione a delinquere finalizzata alla corruzione e alla truffa ai danni dello Stato. Le indagini sono iniziate in giugno e hanno avuto come oggetto i test di ingresso alle due facoltà baresi svoltisi nel periodo 2002-2006.

L’attenzione si è da subito soffermata su una persona che, tra l’altro, si dedicava alla preparazione degli studenti, in vista delle prove di ammissione, tenendo lezioni private a Polignano a Mare. Nel corso delle indagini sono emersi collegamenti con personale interno, amministrativo e docente, delle Università di Bari, Ancona e Chieti.

Intanto sempre di ieri è la notizia che la Procura della Repubblica di Catanzaro indagherà sulla sottrazione di modelli dai plichi inviati all’Università Magna Grecia di Catanzaro per lo svolgimento dei test di ammissione ai corsi a numero chiuso gestiti dalla facoltà di Medicina. L’ipotesi è che i documenti siano stati sottratti per fare conoscere a qualcuno in anticipo le domande contenute nei test di ammissione.

Giovanni Donzelli, presidente di Azione Universitaria fotografa bene la situazione: «Non ci stupiscono le indagini sui test di Bari, Chieti, Ancona e Catanzaro. L’Università italiana purtroppo è la negazione della meritocrazia e della trasparenza. I test sono l’esempio del sistema accademico: marcio e di pessima qualità. Il sistema accademico è un feudo dove le baronie agiscono come lobby di potere».
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