Roma - I test per accedere ai corsi di laurea a numero chiuso sono costruiti in modo troppo approssimativo e spesso non hanno nulla a che vedere con i contenuti degli studi da affrontare: è quel che emerge da alcune interviste realizzate da Apcom a professori universitari coinvolti a vario titolo nelle prove di accesso delle selezioni cui a partire da domani, fino al 10 settembre, si sottoporranno quasi 200mila aspiranti matricole.
Al via i test d'ingresso Proprio domani mattina si svolgerà la prova più ambita, Medicina e chirurgia, che è anche la più selettiva. Basti pensare che alla Cattolica di Roma concorrono oltre 3mila i candidati per poco più di 200 posti. Se si conteggiano tutti i corsi a numero chiuso solo in 20mila, un candidato ogni dieci, avrà però la possibilità di iscriversi, oltre che a Medicina, ad Architettura, Veterinaria, Odontoiatria, Scienza della formazione primaria o alle varie professioni sanitarie. Per gli altri 180mila non vi sarà posto: dovranno ripiegare su altre strade accademiche oppure opteranno per un anno di 'transizione' in attesa di ritentare il numero chiuso nel settembre 2009. Superare la selezione, però, appare sempre più un’impresa titanica: con il numero degli esclusi aumentano infatti le lamentele per la formulazione di test sempre più difficili e a sorpresa. E non sempre passa chi è più bravo e preparato.
Crescono le proteste degli studenti Tra le proteste più ricorrenti vi è quella di confrontarsi con quesiti (80 domande prescelte direttamente dal ministero) non sempre in linea con i contenuti dei corsi. I candidati più avveduti frequentano anche un corso di preparazione (può costare anche tremila euro). Per tutti quest’anno il Miur ha predisposto una simulazione on line (ma solo per Medicina, Veterinaria, Odontoiatria e Architettura) tramite la quale i candidati si possono confrontare con le domande degli anni passati. Un chiaro segnale di trasparenza che però non cambia la sostanza delle cose. Sono gli stessi docenti universitari ad ammetterlo. "Certo, i test, che non sono quiz, danno sicuramente più garanzie del giudizio soggettivo derivante da un’interrogazione - dichiara Pietro Lucisano, pro-rettore per le politiche degli studenti alla Sapienza di Roma - ma anche se tendenti all’oggettività spesso sono costruiti male". "E' la punta di un iceberg - continua il pro-rettore, docente di Pedagogia sperimentale - che l’anno scorso ha forse raggiunto il suo apice con i vari scandali sulle domande errate o incomplete. Il fatto è che la realizzazione delle domande da sottoporre ai candidati non si possono improvvisare: è un lavoro complesso che molti atenei non conoscono ed i risultati inadeguati sono sotto gli occhi di tutti".
I quesiti errati Lo scorso anno tra gli ottanta quesiti di accesso ai corsi universitari di Medicina e chirurgia ve ne erano due errate: una di fisica, sul tempo di percorrenza di un aereo, che conteneva tutte le cinque risposte sbagliate, e l’altra, su una complessa equazione, con più di una risposta esatta. Le associazioni degli studenti e dei consumatori chiesero l’annullamento delle prove per tutti i 70 mila candidati, ma il ministro Fabio Mussi si limitò ad eliminare le due domande. "Il nodo della questione rimane comunque quello della credibilità - incalza Lippi - uno studente aspirante medico non può sentirsi penalizzato se viene scartato da un concorso di accesso dove si chiedono i nomi dei mariti di Marilyn Monroe. Il risultato è che oggi questo sistema selettivo non è gratificante né per chi deve selezionare né per chi deve essere selezionato".
Lezioni propedeutiche Per evitare l’affollamento degli ultimi anni da più parti si è proposta la possibilità di permettere agli studenti di accedere alle lezioni propedeutiche del primo anno e poi procedere ad una selezione in itinere prevedendo ad esempio il 'dirottamento' degli esclusi su corsi affini. Una procedura che non dispiacerebbe nemmeno a chi è ormai giunto al termine della formazione accademica: Augusto Palombini, segretario dell’Associazione dei dottorandi e dottori di ricerca italiani sarebbe "favorevole alla selezione per mantenere un livello elevato, soprattutto per professioni che hanno un rilevante impatto sociale". "Tuttavia riterrei più giusta - specifica Palombini - una selezione in itinere, consentendo a tutti la frequenza del primo anno, per poi porre un esame a numero chiuso. In questo modo si darebbe al candidato l’opportunità di assaggiare la disciplina e capire la propria reale determinazione ad affrontarla, diminuendo al contempo il peso della preparazione superiore". Teoricamente la strategia potrebbe essere vincente. Nella pratica, però, le cose stanno diversamente: "ammettere tutti gli studenti, per poi sottoporli ad una prova `in itinerè sarebbe magnifico, ma è impraticabile nella dura realtà universitaria italiana", sostiene Gino Fornaciari, ordinario di Storia della medicina all’università di Pisa.
Il problema delle strutture Il problema è quello annoso e sempre più acuito delle scarse strutture e del basso numero di docenti e ricercatori in servizio. "Non è un’eventualità fattibile fare laboratorio con troppi studenti - taglia corto Lippi - semplicemente perché non esistono le possibilità pratiche per farlo: come si potrebbe far fare un’esercitazione istologica, con microscopio e misurino, ad oltre mille persone?". Dello stesso parere è Fornaciari: "Sarebbe giusto sperimentare altri tipi di selezione. Io, ad esempio, sarei favorevole ad un colloquio informale, per 'tastare il polso' agli studenti.
Purtroppo però i docenti universitari sono pochi e, dato il trend dei ricambi imposto dalle attuali ristrettezze economiche, saranno ancora meno numerosi in futuro, per cui questa soluzione non è percorribile. Pertanto il sistema dei quiz costituisce, forse, il `meno peggiò: almeno è esente da favoritismi", conclude il docente di Pisa.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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