Uomini e donne raccontati da un colibrì

Gian Paolo Serino

Donne mutilate: dalla vita, dalle malattie, dai lutti, dall'amore, dai rimorsi, dalla maternità, dalla perdita, dall'essere donne libere e al tempo stesso attraversate da troppe storie per poterne uscire intatte. Megan Mayhew Bergman, nata nel 1979, cresciuta nel North Carolina, ha dato vita a un romanzo corale che si articola in dodici racconti. Le storie cambiano, ma la voce - originale, intensa, potente, contemporanea - è il filo conduttore di questi Paradisi minori (edito da NN, traduzione di Gioia Guerzoni, pagg. 238, euro 18) che hanno per apparenti protagonisti gli animali, ma che in realtà parlano di donne e uomini, madri e figli, impegnati nel mestiere di vivere più difficile oggi: relazionarsi con gli altri. Saggista specializzata in editoriali che riguardano le questioni ambientali per The Paris Review, critica letteraria per The New York Times è alla sua seconda raccolta di raccolti: la prima Almost Famous Women, a oggi inedita in Italia, ha conquistato lettori e critica affascinando anche l'attrice Angelica Houston che vuole trarne un film. Tornando a questi «paradisi minori», in copertina troneggia il totem di un hummingbird, un colibrì, che secondo la tradizione dei nativi americani rappresenta la gioia di vivere e l'amore per la vita, la felicità nonostante tutto, il potere di far volare lo spirito nonostante le difficoltà.

Ed è esattamente ciò che raccontano queste storie, capaci di rimanere scolpite oltre la memoria della carta, tutte velate da una nostalgia inafferrabile che inonda il cuore del lettore, senza ricorrere al melenso scribacchiare di molte nostre autrici. Qui siamo quasi alle vette della letteratura, tanto che i paragoni negli Stati Uniti corrono subito ad Alice Munro, a Elizabeth Strout e a Il vecchio e il mare di Ernest Hemingway. Ed è proprio a Hemingway, in un singolare stravolgimento dei ruoli da machismo dello scrittore alla crudezza tutta femminile della Bergman, che si avvicina di più.

Siano da esempio Le arti della casalinga (inserito dalla rivista McSweeney's di Dave Eggers tra i migliori racconti del 2011) e la fuga da fermo della protagonista del racconto che dà il titolo al libro, quando sottolinea: «Volevo che le cose rimanessero uguali. Volevo che tutto fosse immobile, ovunque, ma aprii lo stesso le altre finestre e lasciai entrare il mondo». In un romanzo monumento per chi crede ancora che «siamo pazzi, malati d'amore, tutti quanti».

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