Un uomo chiamato «cavillo» che cita pure Blade Runner

RomaPer gli amici è «un uomo chiamato cavillo», o anche «toga azzurra». Chi non voleva avvocati vicini al premier in quel ministero chiave è accontentato: Nitto Francesco Palma è magistrato. Ex sostituto della Procura di Roma, forzista dalla fine degli anni ’90, deputato dal 2001. Romano-siculo, molto vicino a Renato Schifani, tipo tosto, il neoministro è l’uomo giusto per un dicastero complicato come la Giustizia (infatti tra i pidiellini non c’è stata esattamente la corsa per accaparrarselo). Per inquadrare il personaggio, citeremo la sua iniziativa nel 2002 per reintrodurre l’immunità parlamentare dell’ex articolo 68. Si scatenò subito un baccano, cosa che non fece affatto indietreggiare l’onorevole dal doppio nome, al contrario, «vista la canizza che si è creata - spiegò - penso proprio che entro oggi presenterò il mio emendamento...». In base al quale i procedimenti giudiziari contro i deputati sarebbero stati sospesi fino al termine del mandato e contestualmente sospesi i termini di prescrizione. Poi fu costretto a ritirarlo, cosa che fece con un discorso alla Camera in cui citò Blade Runner: «Prima che le navi da guerra in fiamme arrivino davanti ai bastioni di Orione...». Ma bastò per capire di che pasta era fatta l’ex magistrato. Buon amico di Cesare Previti ma anche del savonarola dell’Anm, Luca Palamara (di cui è stato testimone di nozze), pure da toga Nitto Palma si è misurato con ossi duri, processoni come quello su Aldo Moro, il caso Gladio, il «piano Solo», Pizza connection, le guerra di mafia a Reggio Calabria e altri fascicolini del genere.
Nitto Palma non è tipo che le manda a dire. Sempre da deputato ebbe un battibecco con l’ex presidente Scalfaro («spieghi la vicenda Sisde»), bacchettò l’allora vicepresidente del Csm Rognoni (fa «scialbe lezioncine»), attaccò la magistratura («temono il cambiamento»), stroncò i pezzi di Travaglio («scarso livello»), propose la radiazione dall’albo per i giornalisti condannati tre volte per diffamazione. Un falco vero e proprio, che nel 2003 regalò al premier una nuova commissione parlamentare di inchiesta, su Tangentopoli, vicenda che incrocia anche le sue vicende coniugali, visto che sua moglie, Elvira Dinacci, è figlia del capo degli ispettori del ministero della giustizia ai tempi di Mani pulite.

«L’accertamento riguarderà tutte le indagini condotte sul finanziamento illecito ai partiti, ma anche l’eventuale uso politico della giustizia per fini strumentali al potere», spiegò il futuro Guardasigilli. «Bisognerà capire come mai le indagini abbiano colpito in maniera seria alcuni partiti e solo marginalmente altri». Musica per le orecchie della maggioranza.

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