Urbani: "Ad Arcore da amico. Non farò il ministro"

Il professore: "Il premier mi ha detto: vieni a parlare di riforme? C'è un clima nuovo, stavolta il cambiamento ci sarà davvero. La Lega è maturata rispetto al '94, non è più secessionista"

«Oggi mi stanno chiamando tutti. Ma io non ho fatto nulla...».
Professor Urbani, proprio nulla no.
«Sono andato a cena ad Arcore ieri sera» (martedì, ndr).
E non è poco: è una notizia. Da quanto tempo non andava ad Arcore a trovare Berlusconi?
«Privatamente da poco tempo. A una riunione politica, dal 2005».
Da quando non è più ministro.
«Esattamente».
E quindi qualcuno si sta chiedendo come mai, cinque anni dopo, lei torna a cena dal Cavaliere, con i vertici di Pdl e Lega.
«Non tornerò a fare il ministro!».
Se glielo chiedessero?
«Risponderei: no grazie.
Lei rimane pur sempre la «tessera numero due di Forza Italia».
«Sono stato chiamato ad Arcore come un vecchio amico. Ero a Mosca, per l’anno bilaterale della cultura Italia-Russia, quando Berlusconi mi ha invitato: verresti ad Arcore a parlare di riforme? I tentativi precedenti li ho visti tutti. Ho finito per immagazzinare un’esperienza quasi unica. Ho visto qualche delusione, anche qualche successo».
Quali delusioni?
«Tentativi di riforma elettorale ce ne sono stati a bizzeffe. Adesso però sono tendenzialmente ottimista».
C’è qualcosa di nuovo?
«Pian piano è maturata una cultura comune, una consonanza molto forte su uno scenario di riforma federalista dello Stato. Federalismo e presidenzialismo erano già contenuti nel programma del ’94, di cui scrissi una parte. Sedici anni dopo, ho la speranza che le riforme si facciano sul serio».
Chi è maturato?
«C’è stata maturazione sia all’interno del Pdl che della Lega. Nel ’94 il Carroccio era tendenzialmente secessionista. Negli anni c’è stato un avvicinamento progressivo che ha toccato vertici mai toccati in precedenza. Riscontro che un clima come quello di oggi non si era mai visto prima».
In questi anni è cambiata la Lega ma è cambiato anche Gianfranco Fini...
«Sulle riforme vedo convergenza anche con tutti gli amici di An: la matrice complessiva è solidamente comune. È un fatto nuovo nella democrazia e nel centrodestra».
Lei ha ancora tanti amici in politica. Potrà essere utilizzato dal premier come mediatore sulle riforme?
«Sono uscito dalla scena politica e non ho intenzione di rientrarci. Certo, conservo tanti amici e se questo dovesse servire, sono a disposizione».
Amici anche nel Pd.
«Grazie al cielo sì. Ma lì è tutto più difficile. Sono talmente frammentati. Devi fare venti telefonate per proporre un accordo, e poi che Dio te la mandi buona».
La politica è davvero un amore finito per lei?
«La ragione è che sono un professore, sono un intellettuale che coltiva dubbi. La politica come è adesso in Italia è manichea».
Quindi lei non si ritrova nel bipolarismo?
«Il bipolarismo moderato è il sale e il pepe della democrazia. Quello estremista non va bene».
Colpa dell’avvitamento della politica su Berlusconi?
«L’antiberlusconismo è il guaio grosso della sinistra. Ha avvelenato il Paese, ma li ha fatti anche perdere. La gente ha capito che si tratta di personalizzazioni strumentali, ideologiche e forsennate».
Come ha visto Berlusconi?
«Mi è sembrato contento dei risultati ma determinatissimo a far sì che nei prossimi tre anni si costruisca un pezzo di storia del Paese».
La cena perfetta?
«Vuole un voto? Dieci più. Ritrovarmi tra amici, in un clima di amicizia, mi ha fatto un mondo di piacere.

In passato ci sono stati anche scontri con i leghisti, ma ieri sera è stata una rimpatriata nel senso più gradevole del termine».
Tornerà ad Arcore?
«Ogni volta che mi inviteranno dirò di sì, ma la politica per me è una partita chiusa, e ho l’orgoglio di averla chiusa io». Mai un rimpianto?
«Sono scelte di vita».

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