Urso «chiama» i cinesi e punta sullo shopping asiatico

La fama dell’amico dei cinesi ce l’ha già. Quando nel lontano 2004 scoppiò l’epidemia di Sars, fu l’unico politico europeo a non annullare un viaggio di Stato a Pechino. I cinesi se lo ricordano, grati, ancora oggi. Adesso, in piena crisi economica, e con le tesi «tremontiane» che fanno breccia ovunque, sia in Italia sia all’estero, Adolfo Urso (nella foto) non si smentisce e punta tutto sul gigante asiatico. Ultima iniziativa, quella di favorire lo shopping cinese nel Belpaese. Entro l’estate un gruppo di esperti - formato anche da rappresentanti di Mediobanca, Unicredit, Bnl e il fondo cinese Mandarin - individuerà una lista di proposte di investimenti in Italia da sottoporre all’attenzione del governo cinese. Poi i rappresentanti di Pechino verranno in Italia e decideranno cosa comprare. Si parla già di alcune aziende nel comparto manifatturiero avanzato che potrebbero diventare cinesi, almeno per quanto riguarda la proprietà; poi logistica e turismo. Il fatto è - questo il ragionamento che si fa negli uffici del Commercio estero - che la Cina ha quello che manca all’Europa: liquidità, quantificabile in un forziere di oltre 100 miliardi di dollari. Risorse fresche pronte per essere investite in Europa. Fino ad ora a beneficiarne erano state Francia, Germania, Gran Bretagna e in qualche misura la Spagna. L’Italia è sempre rimasta fuori. Fatto che, qualche anno fa, quando la regina delle tigri asiatiche faceva meno paura, suscitò molte polemiche. Adesso il sottosegretario allo Sviluppo Economico, torna a puntare sui cinesi.

E programma una missione a giugno; iniziativa in parallelo con quella del premier Silvio Berlusconi, che punta a portare a Roma, prima del vertice della Maddalena, il primo ministro Wen Jiabao. Insomma, si torna a puntare su Pechino. E questa volta, a quanto pare, anche con il placet di Tremonti.

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