Urso: «Un’Italia in declino? Solo menzogne elettorali»

Antonio Risolo

da Milano

Declino, crescita zero, dati export drammatici, imprese alla deriva. L’unico «comparto» in crescita è quello della povertà.
Ce la dipingono così questa nostra povera Italia. Siamo davvero ridotti molto male. Per fortuna è in arrivo «la serietà al governo...
«Balle. Menzogne. Anzi, visto che di spot elettorali si tratta, parlerei anche di pubblicità ingannevole. Ma tant’è. Abbiamo a che fare con i nuovi professori che sanno stravolgere i numeri», dice il vice ministro alle Attività produttive con delega al Commercio estero, Adolfo Urso.
Pur ammettendo qualche timido segnale di ripresa, i mass media e la sinistra soprattutto insistono sul disastro-Italia, sul fallimento di 5 anni di governo del centrodestra.
«Macché declino. In realtà assistiamo all’evoluzione più significativa del made in Italy sui mercati internazionali. Cresciamo soprattutto nei settori ad alta tecnologia e a maggiore qualità, conquistando nel mondo quel segmento di mercato d’eccellenza più remunerativo per le nostre imprese e più congeniale per il sistema-Paese».
Faccia un esempio.
«Nel 2004 e 2005 le nostre esportazioni sono cresciute a un ritmo del 6% annuo. Gli ultimi dati disponibili, quelli dello scorso febbraio, ci dicono che l’export italiano nei mercati extra Ue è aumentato del 17,6%. In gennaio addirittura del 19,6%. Persino l’export verso la Cina è aumentato del 21,2%. Posso continuare con gli Sati Uniti (+17,6%) e Mercosur (+29,6%). La nostra bilancia commerciale resta negativa perché aumenta il passivo energetico. Se non fosse così saremmo largamente in attivo, ed è proprio per questo che questa maggioranza e questo governo vogliono affrontare con determinazione la questione nucleare».
Si dice che dopo la caduta del Muro di Berlino e la pacificazione nei Balcani sono altri i Paesi europei, e non l’Italia, ad aver vinto la sfida commerciale dell’Est.
«Chi lo dice, dice sciocchezze sapendo di dirle. In realtà oggi è l’Italia il Paese leader nei Balcani: primo partner commerciale, primo per export, primo per investimenti, primo per numero di imprese presenti, circa 20mila. Le pare poco? E poi siamo il secondo Paese, dopo la Germania, nel resto dell’Europa centrale, orientale e in Russia. In quest’area le nostre esportazioni crescono del 20% l’anno. Ora puntiamo al Mediterraneo in vista della creazione dell’area di libero scambio del 2010».
Un miracolo se si considera la crisi mondiale di fine 2001...
«Non grido ai miracoli. Questo governo ha lavorato in situazioni difficili, talvolta disperate. Cio nonostante abbiamo creato finalmente un sistema Italia, abbiamo tolto i guanti agli ambasciatori insegnandogli come supportare le imprese, abbiamo riformato l’internazionalizzazione, abbiamo riformato Sace, Simest e modernizzato l’Ice. Abbiamo aperto sportelli-Italia nel mondo e abbiamo inventato le missioni nei cinque continenti con le delegazioni imprenditoriali».
Il ministero alle Attività produttive ne ha organizzata qualcuna di queste missioni...
«Quasi duecento missioni in 5 anni. Personalmente ho accompagnato in giro per il mondo oltre 20mila aziende. Accolte sempre con rispetto e con molta attenzione. Quasi sempre sono stati firmati accordi interessanti. Domani sarò in Brasile con 200 imprenditori, mercoledì a Timisoara con altri 500. Il sistema Italia è in corsa perché ha ripreso fiducia».
La questione Sudest asiatico. Faccia un bilancio sintetico.
«Cinque anni fa tutto il mondo considerava l’Italia un Paese contraffattore. Oggi abbiamo la legge più severa ed efficace nella lotta alla contraffazione. Siamo diventati quel modello che il vicepresidente della Ue, Franco Frattini, sta esportando con successo in tutta la Comunità europea. Cinque anni fa eravamo la cenerentola d’Europa, inascoltati e vessati, oggi siamo i più efficaci e i più ascoltati».
In particolare?
«Due esempi su tutti: abbiamo imposto l’accordo Ue-Cina per bloccare l’invasione del tessile-abbigliamento, abbiamo imposto i dazi antidumping sulle calzature. Le cifre parlano chiaro ed è molto difficile smentirle: oggi il 52% del lavoro in Europa, e il 32% delle imprese italiane, sono protetti proprio dalle misure antidumping».
E i famosi distretti industriali?
«La crescita dell’export dei distretti è ancora più forte, più marcata. È in atto una vera e propria rinascita del manufatturiero sui prodotti a più alta qualità, grazie soprattutto a quelle medie imprese che hanno praticato una politica di marchi e di marketing».
Un made in Italy in salute. Anzi, con il turbo...
«Non ancora. Siamo soddisfatti, questo sì. Il turbo lo metteremo appena potremo cancellare l’Irap sul lavoro. Soprattutto dopo il pronunciamento della Commissione europea su questa imposta illegittima, odiosa e punitiva».
Che aria si respira oggi nelle aziende alla luce degli ultimi dati?
«Io vivo sul territorio, a contatto con piccole, medie e anche grandi imprese.

E noto chiaramente che c’è una grande consapevolezza di quello che il governo ha fatto e intende fare. Del resto l’applausometro di Vicenza lo dimostra. Noi andiamo avanti su questa strada: meno tasse per tutti, soprattutto per le imprese, meno burocrazia e più apertura ai mercati».

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