da Milano
LAmerica è più vicina alla recessione. Ne hanno preso atto ieri i mercati finanziari, colpiti dalle vendite (lEuropa ha visto andare in fumo 148 miliardi di euro) innescate dal crollo della fiducia dei consumatori Usa, scesa ai valori più bassi dal 1992, e dal precipitare in territorio negativo - per la prima volta dal maggio 2005 - dellindice che misura lattività industriale dellarea di New York.
Insomma, altri due colpi sotto la cintola dopo quello che giovedì Wall Street aveva dovuto incassare dal leader della Fed, Ben Bernanke. Il suo riferimento alle «ulteriori svalutazioni bancarie» era poco piaciuto agli investitori, ma le pessimistiche previsioni del successore di Greenspan hanno preceduto solo di 24 ore le stime ancor meno rassicuranti di Ubs, secondo la quale il sistema del credito dovrà far fronte ad altri 200 miliardi di dollari di svalutazioni dopo i 150 miliardi di write down già iscritti a bilancio. «I rischi stanno aumentando - ha rilevato un analista dellistituto elvetico - e i differenziali sul credito e le condizioni di liquidità sono ancora lontani dal normalizzarsi». A farne le spese potrebbe proprio essere la stessa Ubs, che secondo Citigroup, andrebbe incontro a ulteriori svalutazioni fino a un massimo di 20 miliardi di franchi. Non che Citigroup sia messa meglio: alcune indiscrezioni riportate dal Wall Street Journal, rivelano che il colosso Usa avrebbe deciso di congelare i rimborsi su un suo fondo speculativo specializzato nei finanziamenti alle imprese dopo che le richieste di riscatto avevano superato il 30% dei 500 milioni di dollari di asset.
Laria che tira è insomma gelida, e neppure le attese legate a un nuovo taglio di mezzo punto dei tassi da parte della Federal reserve, nella riunione in calendario a marzo, sono ormai sufficienti a sostenere i listini.
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