Ventisette anni senza una «vera» verità. Nonostante le inchieste, le commissioni parlamentari, le denunce, gli strani suicidi e le morti sospette. Ustica, uno dei tanti, ancora troppi, grandi misteri dItalia: ottantuno morti, uomini, donne e bambini. Si trovavano sul Dc9 Itavia precipitato a largo dellisola palermitana quella maledetta sera del 27 giugno 1980. Adesso, per questa strage di cui resta un mosaico incompleto fatto di omissioni, bugie e mezze ammissioni almeno qualcuno, almeno in parte, pagherà. Ieri la seconda sezione civile del tribunale di Palermo ha condannato i ministeri dei Trasporti e della Difesa al risarcimento, per complessivi 980 mila euro, di 15 familiari di quattro vittime. Un precedente, o meglio un segnale: ora anche i familiari delle altre vittime potrebbero intentare la via processuale nonostante la Suprema corte, nel gennaio scorso, avesse chiuso il processo penale.Respingendo il ricorso la Cassazione aveva precluso la possibilità di riaprire il processo per i risarcimenti ai familiari delle vittime. Lavvocato Vincenzo Fallica - uno dei legali che hanno ottenuto 17 anni dopo il primo atto di citazione in sede civile dei ministeri della Difesa e dei Trasporti, il risarcimento- spiega perché le cose non stanno così: «Anche se il procedimento penale ha consegnato alla storia un mistero - spiega Fallica -, ciò non significa che venga meno la responsabilità dello Stato. Anzi, se un ordigno è stato posto nellaereo vuol dire che gli addetti aeroportuali non hanno effettuato gli opportuni controlli». E, dunque, secondo la tesi difensiva accolta dal Tribunale, «la responsabilità dello Stato appare in tutta evidenza e prescinde chiaramente dallaccertamento delle singole responsabilità personali».
In definitiva, secondo il legale la sentenza del Tribunale potrà aprire la strada alle richieste risarcitorie per gli altri familiari, «indipendentemente dal fatto che non siano stati individuati, per lalone di mistero che avvolgeva la vicenda, tutti gli organi istituzionali coinvolti».
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