«Vado in Lombardia, ma resto fedele alla Liguria»

«Forza Italia, anche in Liguria, è unita, e condivide il senso della battaglia politica in atto per proseguire il cammino avviato cinque anni fa dal governo del Paese».
Non sembra che tutti la pensino come lei, senatore Luigi Grillo.
«Io, invece, la penso così, anche perché sento gli umori degli iscritti e dei rappresentanti azzurri nel mondo delle istituzioni».
Però la composizione delle liste ha procurato molti mal di pancia.
«Bisogna tenere conto, innanzi tutto, del sistema elettorale. Capisco le legittime ambizioni di tanti, ma non era possibile, tecnicamente, accontentare tutti e, magari, metterli vicino a casa».
A proposito: lei, con una legislatura alle spalle come presidente della Commissione Lavori pubblici di Palazzo Madama, è fra quelli che sono stati mandati in trasferta.
«È vero, ma sono molto soddisfatto della mia collocazione nelle liste del Senato in Lombardia. Lo dico apertamente: ringrazio il presidente Berlusconi che mi ha proposto questa opportunità che, fra l’altro, mi permette di saldare ancora di più i rapporti tra Genova e Milano nella macroregione».
Anche per via del progetto-infrastrutture per cui lei si è tanto battuto.
«Appunto. Non per nulla la realizzazione del Terzo valico ferroviario interessa il collegamento fra Genova e Milano. Ho già in programma un convegno, nei prossimi giorni, sull’argomento».
Dica la verità, avrebbe preferito restare in Liguria.
«Ma io, la Liguria, mica la dimentico. La mia agenda comprende incontri, riunioni, convegni in tutta la regione. E inoltre manterrò tutti i miei attuali punti di riferimento a La Spezia, Chiavari, Rapallo e Genova».
In sintesi: Grillo non tradisce i suoi elettori, e non si sente tradito.
«Certamente. Resto fedele ai progetti indicati, e mi sento assolutamente impegnato a lottare per la causa comune».
Fianco a fianco con Claudio Scajola?
«Senza dubbio. Con Scajola c’è sintonia perfetta. Ho potuto seguire tutte le trattative per le liste, sono sempre stato informato, ho condiviso le scelte».
Sta dicendo che è stato fatto tutto benissimo?
«Il mio ragionamento è un altro: non mi unisco al coro delle proteste del giorno dopo. Certo qualcosa poteva essere fatta meglio».
Allude all’esclusione di Eolo Parodi e Alberto Gagliardi?
«Sono esclusioni che mi amareggiano, non nego. Forse dovevamo impegnarci di più tutti, per loro. Parodi è molto apprezzato, ha fatto del bene a tanti, è ancora il leader morale dei medici italiani. Gagliardi, poi, lo conosco da sempre, ne apprezzo l’intelligenza, la schiettezza, l’onestà. Spero che non abbandoni la politica, sugli obiettivi la pensa come noi. Ho sofferto con lui».
Ha sofferto anche con Sandro Biasotti?
«Il caso è diverso. Ricordo che sono sempre stato un estimatore dell’ex presidente della Regione, l’ho sempre difeso, lo ritengo tuttora una risorsa. Però...».
Se ci mette un però, senatore Grillo, significa che si dissocia.
«Dico che ha sbagliato. Le sue dichiarazioni, anche se frutto dell’amarezza, a caldo, sono eccessive e ingenerose. Ma Sandro ha sbagliato fin dalla fase di approccio alla candidatura: ho l’impressione che non si sia mai reso conto del fatto che la politica ha anche delle regole non scritte».
Ma lui ha sempre detto che non si sente un politico.
«Ecco il punto. Biasotti doveva riconoscersi in un partito, non mostrare sempre di avere la puzza al naso per il sistema dei partiti. Doveva prendere esempio da Berlusconi: un imprenditore prestato alla politica che ha saputo diventare un politico di rango».
C’è spazio per ravvedersi?
«Per ora domina il risentimento, me ne rendo conto. Io, del resto, gliel’avevo già detto a suo tempo, quando è uscito sconfitto dall’elezione a presidente della Regione: il suo dovere morale doveva essere quello di fare il capo dell’opposizione nella sala verde di via Fieschi!».
Non le ha dato retta.
«...così la sua candidatura al parlamento è nata poco chiara, poco comprensibile. Ed è sembrata subito molto stonata».


Pensa di potergli dare un altro consiglio da amico?
«Nessun consiglio. Dico piuttosto, anzi ribadisco quello che ho sempre detto: che i processi della politica travalicano le persone. O si capiscono, o sei fuori. Ma non perché ti hanno messo fuori gli altri».

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