Cultura e Spettacoli

Val Kilmer unica star nel primo western con bandiera polacca

Il grottesco «Summer Love» del pittore-scultore Piotr Uklanski è un incrocio tra «Django» e «El Topo»: «Dentro c’è la mia idea di arte»

Michele Anselmi

da Venezia

Signori, ecco a voi il primo western polacco. Anzi, «the first polish western»; l’inglese è d’obbligo, nonostante l’abbiano girato quasi interamente in una cava polacca «travestita» da canyon. Succedeva anche da noi, negli anni Sessanta: quando non c’erano i soldi per andare in Almeria, si ripiegava su Manziana, Alto Lazio. Circonfuso da un’aura leggendaria, essendo firmato dal 38enne pittore-scultore Piotr Uklanski, uno che espone i suoi lavori alla Tate Modern di Londra e al Museum of Modern Art di New York, Summer Love è il classico film che manda in sollucchero Müller. Perché è sperimentale e di genere, trasversale e bizzarro, insomma un oggetto da pop-art cinematografica; e infatti, benché in pochissimi l’abbiano visto (la proiezione per i critici coincideva con quella di La stella che non c’è), la stampa al completo s’è precipitata a intervistarne l’autore. Oddìo, non che il titolo rimandi più di tanto al selvaggio West, ma sapete come sono fatti gli artisti d’avanguardia, ramo concettuale: tendono a spiazzare, facendo dell’elusività una civetteria perdonabile.
Accompagnato dal suo gallerista milanese di fiducia, quel Massimo De Carlo che scoprì Maurizio Cattelan, Uklanski ha fama di artista controverso, scomodo, provocatorio. Sicché, nel presentare il suo primo film da regista con la solita aria stropicciata, precisa: «Non è né una parodia, né un omaggio, poiché non ha la benché minima pretesa di riportare in vita il defunto genere western». Aggiunge: «Se proprio dobbiamo definirlo, potrei dire che Summer Love non è tanto un western, quanto un film allegorico che usa il codificato linguaggio di quel genere per affrontare questioni come l’identità etnica e l’autenticità culturale». Accidenti.
Voi direte: vabbè, ma che diavolo racconta Summer Love? Provate a immaginare un mix tra Django di Corbucci e El Topo di Jodorowsky, tra lo spaghetti-western all’italiana e la reinvenzione in chiave metaforica. Che Uklanski proceda per stereotipi risulta evidente anche dai nomi dei personaggi: lo Straniero, lo Sceriffo, la Donna, il Ricercato... Cast polacco, con una sola eccezione: Val Kilmer, sì la star americana di The Doors, il quale ha accettato in amicizia di recitare per tutto il tempo nella parte del morto, ovvero il Ricercato, sul quale pende una taglia dead or alive. Sangue a catinelle, visioni grottesche, vignette comiche, sparatorie esagerate, saloon fumosi, vodka al posto del whisky, men in black alla Johnny Cash, soprattutto una disperata storia d’amore: quella tra lo Sceriffo, ormai un relitto divorato dall’alcol, e la Donna, dalla bellezza ormai sfiorita. Dice l’autore: «Sono cresciuto vedendo i vostri western. Certo che mi piacciono le pistole e i cavalli, i duelli e gli stivali, ma non ho mai pensato di fare qualcosa di “autentico”. Anzi, ho provato ad oltrepassare i limiti classici del genere, realizzando un prodotto culturalmente ben identificabile (appunto un western) in un contesto eccentrico (la Polonia). Dentro, sul piano espressivo, c’è di tutto: una certa estetica pubblicitaria, il gusto della nostalgia, la mia idea di arte, il bisogno di noi polacchi di vivere sempre altrove».
Costato poco più di un milione di dollari, Summer Love per ora non ha una distribuzione italiana. Chissà se mai l’avrà. Ma di sicuro l’abile Uklanski è riuscito a farsi notare nel contesto festivaliero, proponendosi come un «post-minimalista tra Boltanski e Polanski», e vai a sapere cosa significa. Non c’è bisogno di spiegazioni, invece, per introdurre il secondo appuntamento western della Mostra: la versione restaurata, proposta stasera da Sky, del leonino Per qualche dollaro in più.

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