Può sembrare un paradosso, ma in un Paese civile succede quello che è successo ieri in Val di Susa. Il governo, le amministrazioni, la politica, decidono che un’infrastruttura si deve fare e i teppisti che contestano con la forza l’apertura dei cantieri vengono allontanati. Se del caso anche con la forza. Sì, ci sono stati degli scontri con gli attivisti dei centri sociali che erano lì a presidiare la zona. Soccombere alla violenza di questi ultras sarebbe stato da Paese incivile, non il contrario.
Dopo più di vent’anni di discussioni, dopo modifiche su modifiche, costose compensazioni, e a poche giorni dalla scadenza dei finanziamenti europei necessari per fare l’opera, sarebbe stato incivile farsi fermare da una minoranza. Non vogliamo entrare nel merito dell’opera (lo fa bene Claudio Borghi in altra parte del Giornale ), ci preme piuttosto ragionare sul fatto che in questa vicenda non sia scattata quell’ondata generale di solidarietà da parte della politica nei confronti dei manifestanti.
Grazie alle posizioni prese a suo tempo dal sindaco torinese del Pd, Sergio Chiamparino, grazie a quelle del suo successore Piero Fassino, e a quelle del segretario del Pd, Pier Luigi Bersani, intorno agli scalmanati è stata fatta terra bruciata. Il cappello della politica e dell’opposizione questa volta non si è posato sull’attaccapanni dei violenti. Politici e parlamentari non sono saliti sui tetti (come nel caso della riforma Gelmini), non hanno assecondato le derive populiste (tipico il caso dei referendum sull’acqua, che hanno abrogato leggi fatte dal governo Prodi), non hanno fatto interviste indignate ai giornali liberal chiedendo «di capire le ragioni», di «comprendere il disagio», di «aprire un tavolo di confronto», l’ennesimo. I centri sociali sono rimasti soli, hanno perso per strada i compagni di viaggio e si sono inevitabilmente svelati per quello che sono. Un movimento nichilista, del no a tutto, della protesta per la protesta, della ribellione, talvolta anche violenta, nei confronti di qualsiasi politica. È solo un accidente della storia la circostanza che oggi l’obiettivo sia il Cav, domani sarà il suo sostituto. I giovani dei centri sociali protestano per rendere ancora più incerto il loro futuro: grazie al cielo, maggioranza e opposizione hanno ben più chiara, in questo caso, la realtà.
Quando l’opposizione molla gli estremisti, questi perdono d’incanto il diffuso consenso sociale e mediatico che spesso la mano disinvolta della sinistra attribuisce loro. Nel caso della Val di Susa, l’opposizione potrà rivendicare una differenza di merito rispetto ad altre recenti questioni politiche che hanno visto la piazza in subbuglio. Ma indipendentemente da ciò, emergono con chiarezza due aspetti fondamentali della nostra politica. 1. Quanto sia necessario per questo Paese che l’opposizione non sia fatta da ultras (discorso analogo vale ovviamente per chi è al governo), in modo tale da riportare il confronto nel parlamento, spostandolo così dalle piazze, dai tribunali e dalle intercettazioni. Un’opposizione che ragiona equivale ad un Paese che ragiona. 2. In ogni Paese esistono delle frange di protesta estrema e nichilista. Il fenomeno dei no global non è certamente «roba nostra».
La tentazione dell’opposizione di cavalcare lo spontaneismo dei movimenti anche più pericolosi rappresenta una strada breve, ma senza prospettive. I giovani dalle idee chiare e urlate si ritengono linfa nuova, energia allo stato puro; la contestazione radicale acceca il nemico che risponde spesso con altrettanta poca ragionevolezza. Ma il caso della Val di Susa dovrebbe far ragionare la sinistra democratica.
Appoggiarsi alla forza dei movimenti nichilisti per avere un secondo di celebrità, per rafforzare la propria posizione tattica nei confronti del governo è pericolosissimo. Crea un futuro pieno di macerie. E non solo per la nostra economia, ma anche per una forza politica che evidentemente aspira a governare.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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