Valanga azzurra sulla Rai «Dateci le gare in diretta»

Lo sci vince il braccio di ferro a un mese dai Giochi. Rocca: «Niente Tv, niente sponsor»

Maria Rosa Quario

Lo sci italiano ha vinto un’altra gara. Stavolta Rocca e Blardone non hanno battuto nessun rivale, la vittoria è stata sulla Rai, ma la sensazione è che ieri abbiano vinto tutti. Le gare in programma a Kranjska Gora (oggi il gigante, domani lo slalom) saranno trasmesse in chiaro e non sul satellite come previsto. Oggi dunque potremo vedere Blardone, Simoncelli e compagni nella prima manche su Rai3 dalle 10.30 alle 11.30, nella seconda su Rai2 dalle 13.35 alle 14.15.
Questa la notizia, attesa, quasi scontata oseremmo dire, perché la polemica montata dopo la gara dell’Alta Badia era di quelle che non potevano essere ignorate. In realtà, a ben vedere, la guerra fra sci e televisione va avanti da molti anni, e ad essere coinvolta non è stata sempre e solo la Rai. Perché a partire dalla stagione 1997/98 e fino al 2000/01 i diritti televisivi dello sci li aveva Mediaset, che però, dopo una partenza sprint con tanto di Bruno Gattai in cabina, inviati bravi come Guido Meda e Stefano Vegliani in pista, grande spiegamento di mezzi insomma, nel momento in cui Alberto Tomba, nel 1998, e Deborah Compagnoni, l’anno dopo, si ritirarono, decise che lo sci non interessava più. Deteneva i diritti ma non mandava in onda le gare. O magari lo faceva, ma ad orari assurdi, senza promozione a contorno.
Nel 2001, quando i diritti furono riacquisiti da una Rai poco disponibile, il danno ormai era fatto. La gente si era disabituata a vedere lo sci in tv e nessuno provava nemmeno più a cercarlo. «Tanto non abbiamo campioni, gli italiani non vincono più», era la giustificazione. Balle. Isolde Kostner e Kristian Ghedina vincevano, giovani come Rocca, Putzer e Blardone cominciavano a farsi conoscere, campioni come Maier, Von Gruenigen, Eberharter e Kostelic esaltavano gli appassionati di tutto il mondo. Ma l’Italia li ignorava.
Mentre gli sponsor scappavano e il coro di lamenti saliva sempre più alto, Torino otteneva l’organizzazione dell’olimpiade del 2006 e la Valtellina quella dei mondiali del 2005. Ecco, si diceva, questi grandi eventi saranno la medicina che curerà ogni male. In parte fu così, ma solo in parte, perché la coppa del mondo ormai non era più un prodotto appetibile, ma una sorta di palla al piede, tanto che i primi due anni del dopo Mediaset videro la società Media Partners, detentrice dei diritti, costretta a fare i salti mortali per convincere i vertici della Rai a sedersi attorno a un tavolo per trovare un accordo sull’acquisto e la messa in onda delle gare di sci in Italia.
Ora le cose sono cambiate, ma recuperare gli anni persi non è facile. Negli ultimi mesi l’argomento sci-Rai è salito alla ribalta in molte occasioni. Il primo a parlarne è stato Giorgio Rocca, che a chi gli domandava il perché dell’assenza di sponsor dal suo casco rispondeva: «Nessuno è disposto ad investire su uno sport che non si vede in televisione». Altra stoccata da Gustav Thoeni: «Ai miei tempi lo sci in televisione era un appuntamento fisso del fine settimana. Ora la gente deve impazzire per trovare il canale che trasmette le gare e in molti si scoraggiano». Vero che negli anni Settanta i canali erano due in tutto e le proposte televisive molto ridotte, vero anche che sono bastati pochi anni di black out per far perdere l’abitudine agli appassionati.

Perché in mezzo all’infinità di canali e di proposte di oggi, la coppa del mondo di sci, pur con alcuni difetti correggibili, mantiene il suo fascino e gare come quella di domenica sono uno spettacolo che pochi altri avvenimenti sportivi possono offrire.

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