Valentina, femmina e femminista

L’edizione critica con le note dei famigliari del suo creatore Guido Crepax rilancia il mito della bellissima fotografa. Le sue avventure anticipano l’emancipazione delle donne. Senza ideologia e con molta cultura

In margine a un testo implicito è il titolo che lo scrittore e filosofo colombiano Nicolás Gómez Dávila (1913-1994) diede alla sua vastissima raccolta di aforismi. Dove il «testo implicito» (che di fatto non esiste) è soltanto il pretesto per le note a margine. In margine a un testo implicito sono anche le annotazioni, gli appunti, i riferimenti che Antonio e Luisa Crepax, figlio e moglie di Guido, applicano come post-it alle tavole del creatore di Valentina. Anche queste tavole, come il testo implicito di Gómez Dávila, non esistono, se per esistente s’intende ciò che occupa, per una certa durata, una certa porzione di spazio. Valentina è un moto da luogo o un moto a luogo, dunque non è mai in un luogo. Ed è costituzionalmente estranea al presente: rimbalza fra passato e futuro, le dimensioni dell’Assenza.
Così, le edizioni critiche di Biografia di un personaggio e Trilogia di Baba Yaga curate da Antonio e Luisa (Magazzini Salani, 10 euro l’uno), se lette nella stessa prospettiva delle storie che commentano, a dispetto della loro precisione notarile diventano complici di una fascinazione atavica, ancestrale. Lungi dal parlare della signora Valentina Rosselli, nata il 25 dicembre 1942, fotografa in Milano, ci forniscono gustosi dettagli sull’aria che tirava nell’antro del filosofo Crepax. Un filosofo che, come gli scolastici glossatori di San Tommaso, esercita l’arte dell’indugio, sulla fibbia di una scarpa o su un occhio d’uccello, e, come un professore della Scuola di Francoforte, sociologizza incubi e desideri. Per Crepax nulla è più reale della fantasia, quindi nulla è più fantasioso della realtà: si tratta unicamente di collezionare e collazionare, cioè di accatastare frammenti e di dar loro un senso narrativo. Scrive Antonio: «Dalle poltrone sfondate, ai bicchieri di cristallo appoggiati per terra. Dalle carrozzine per invalidi all’elaborato letto di metallo circondato da fruste e speroni di varie misure, catene, gabbie, cinghie e guinzagli. A parte l’originale assemblaggio, nessuno di questi oggetti è frutto della fantasia di mio padre. Li prendeva dai suoi cataloghi americani di vendita per corrispondenza, grazie ai quali ha ambientato numerose storie». Compare una macchina per cucire? È «la Singer di nonna Maria», dice Luisa. E la casa di Baba Yaga? «Abbiamo cercato a lungo prima di trovare la villa liberty che Guido aveva utilizzato»: è a Torino «la Casa Arduino di via Lessona, costruita tra il 1930 e il 1940».
Tutto trova posto in un suq multietnico esteso dalla Leida dove nasce Philip Rembrandt, il compagno di Valentina con pipa e lineamenti scolpiti in stile Ginko, al regno sotterraneo (e subconscio) dei Supremi, in cui ci pare d’intravedere una citazione de La donna di sabbia di Kobo Abe, e dal circuito automobilistico di Monza a un’isoletta che tanto ricorda Stromboli. Mentre rimandi e omaggi invitano a questa fiera medievale, a questo Festspiel collettivo il marchese de Sade e Samuel Beckett, l’agente 007 e Claudia Cardinale, l’espressionismo tedesco e Gustave Moreau...

Ma al centro di tutto è sempre lei, miscela esplosiva di algida perversione e infantile purezza, turbe psichiche e slanci generosi. E il bello è che sembra finita lì per caso. Incoronata dagli esegeti del suo imperituro successo come La Grande Seduttrice del regno dei comix, molto più delle prosperose e sguaiate pornostar ante litteram tipo Zora, Jacula e via (mas)turbando, raccoglie dalle fragili o combattive eroine del romanzo ottocentesco e dalle sventurate del neorealismo il testimone dell’Eterno Femminino. Quando, nel 1965, si presenta un po’ in anticipo sul palcoscenico dell’Emancipazione Della Donna ha le calze strappate e le curve da modella. Le «altre» la guardano con invidia e sospetto. Che vuole questa bambola di sguardo freddo e coscia lunga? È venuta a distogliere l’Uomo dalle sue precise responsabilità? È un nuovo strumento della propaganda maschilista? Non capiscono che Valentina, dopo aver vinto l’anoressia (anche qui in anticipo sui tempi...), dopo aver dato al sesso il posto che merita (né troppo basso, né troppo alto) nella classifica dei Valori, dopo aver avuto un figlio senza essere davvero mamma, può aiutarle a crescere.

In che modo? Senza riempirsi la bocca di buoni propositi e alti ideali, ma accettando, da pari a pari, il confronto.

Con tutti, uomini e donne. E in attesa che le Streghe, come da slogan di piazza, tornino, la signora Rosselli ha modo di verificare in prima persona quanto le streghe vere, leggi Baba Yaga, siano pericolose nei fatti, non a parole.

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