da Jerez de La Frontera
È una vittoria importante, per tanti motivi: perché da cinque gare Valentino Rossi non saliva sul gradino più alto del podio, perché coincide con il 46º successo in MotoGP, il 59esimo nella massima cilindrata, l'85esimo della carriera, perché è il settimo sulla pista di Jerez e perché gli ha permesso di mettere in scena uno dei suoi festeggiamenti, con gli amici del Fans' Club travestiti da birilli del bowling. «È un idea che ho copiato dal football americano - racconta Rossi - e che mi era piaciuta tantissimo, perché dà gusto seguire la palla e vedere i birilli che cadono. Si può dire che ho fatto strike». L'ha fatto soprattutto in pista, superando Daniel Pedrosa come fosse un birillo e facendo valere la legge del più forte. «Vedevo nel paddock una gran voglia di farmi la festa (non dice esattamente così, ndr), una gran voglia di starmi davanti. Invece ho dimostrato che se tutto funziona al meglio, sono sempre il pilota da battere. Ma per sconfiggere Pedrosa ho dovuto fare una gara praticamente perfetta, ho guidato da paura... e me la sono proprio goduta».
Dopo le prove, Rossi non sembrava così sicuro di farcela, ma la superiorità messa in mostra in gara fa quasi pensare che fosse pre-tattica, che Valentino avesse in qualche modo voluto tenere nascosto il suo vero potenziale. Il pilota della Yamaha spiega perché non è così. «Sabato mattina, dopo le libere, la situazione era disperata e anche dopo le qualifiche temevo che le mie gomme non tenessero per tutta la gara. Invece, a differenza di quanto pensavo, il warm-up è stato molto utile, mi ha permesso di capire che avevamo qualche problema con il pieno e di fare una modifica importante alla forcella. Così, fin dalla prima curva, mi sono reso conto che la mia M1 era veramente competitiva e ho subito potuto imporre il mio ritmo. La temperatura più fresca ci ha dato un piccolo vantaggio e in gara le gomme hanno funzionato meglio che in prova».
Ma la differenza, ancora una volta, l'ha fatta soprattutto Valentino, superando con una staccata da maestro Daniel Pedrosa: lo spagnolo è forte, fortissimo, ma nel corpo a corpo la superiorità di Rossi è evidente. «In effetti riesco a frenare più profondo di lui, anche perché la mia Yamaha me lo permette. Lui comunque sarà il mio avversario principale, più di Stoner, che pure mi ha battuto in Qatar. Ma Casey ce l'ha fatta perché la sua Ducati andava come un treno, mentre Daniel mi sembra più regolare. Questi 25 punti sono molto importanti, perché mi permettono di portarmi al comando con nove lunghezze di vantaggio e di affrontare con più tranquillità le prossime due trasferte, in Turchia e Cina, due piste che non mi piacciono e dove la Yamaha, per via dei lunghi rettilinei, sarà sicuramente penalizzata».
In prospettiva campionato, l'unico dubbio è questo. «A Jerez non abbiamo avuto problemi, anzi, la M1 volava come conferma anche il terzo posto di Edwards, ma qui la velocità massima conta poco, e a noi mancano ancora una decina di km/h. Comunque questa gara, così come quella in Qatar, ha confermato che siamo competitivi».
La superiorità di Rossi ha reso il Gp di Spagna poco eccitante, ma Valentino ammette di non essersi affatto annoiato. «Solitamente, quando sei in testa con un po' di margine, gli ultimi 8-10 giri sono piuttosto noiosi, mentre questa volta mi sono sembrati un sogno.
Per uno abituato a stravincere come Rossi, i 195 giorni di astinenza devono essere sembrati un'eternità, ma difficilmente passerà nuovamente tanto tempo prima di vedere Valentino sul gradino più alto del podio.
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