Mi potrebbe spiegare chi ha deciso che leuro valesse 1.936,27 lire e non, mettiamo, mille o duemila lire? E dirmi come si spiega che la Francia che è sempre stata la motrice dellEuropa ora le ha votato contro?
Mi lasci, caro Cavalieri, tirare un bel sospiro di sollievo. Per lustri lEuropa è stata adorata e ardentissimamente desiderata senza che nessuno si curasse di sapere come era «fatta» e come la si stava rifinendo in corso dopera. Per lustri lEuropa è stata un dogma, un principio assoluto affermato come verità indiscutibile. Ora, finalmente, la compatta falange degli euroentusiasti senza se e senza ma comincia a voler vederci chiaro. Ma lo sa, caro Cavalieri, quante volte ho implorato di leggere e riflettere sul Trattato di Maastricht che rappresenta la chiave di volta dellEuropa europeista e iperburocratizzata che francesi e olandesi hanno bocciato? Lasciamo perdere. Lasciamo perdere e passiamo al tasso di conversione lira-euro. Vi si giunse in tre fasi: nella prima le banche centrali dei 15 membri dellUnione indicarono a Bruxelles i tassi di cambio delle proprie valute nei confronti del dollaro. Ciò fatto venne fissato il tasso di cambio fra lEcu (lunità di conto determinata da un «paniere» comprendente tutte le valute dellUnione Europea) e il dollaro. Infine, moltiplicando il tasso di cambio dollaro-Ecu per i rispettivi tassi di cambio in dollari, furono calcolati i cambi fra lEcu e le valute nazionali. A quel punto, avendo deliberato che un Ecu corrispondeva a un euro, il gioco era fatto e uscì fuori che ci volevano 1.936,27 care vecchie lire per fare un euruccio. Non so se lei, caro Cavalieri, mastichi di finanza: io no, però anche così mi pare evidente che linghippo fa capolino nella fase uno, nel cambio lira-dollaro, cambio talvolta buono e tal altra meno (nel settembre del 92 - Amato presidente del Consiglio e Ciampi governatore della Banca d'Italia - bruciammo 50mila miliardi per impedire che diventasse pessimo).
La Francia. Mamma e infanticida del Trattato costituzionale. Motore, locomotiva dellEuropa. Ruolo che non si guadagnò, ma pretese da subito imponendosi come il Paese leader dellUnione (gioco facile: gli altri erano una ancor complessata Germania, una remissiva se non proprio servile Italia e tre nani: Belgio, Olanda e Lussemburgo). Per far capire che comandava lei bocciò la Ced, lesercito europeo, perché vi avrebbe partecipato la troppo filoamericana Germania. Bocciò lingresso nel Mec della troppo filoamericana Inghilterra. Esigette che metà del bilancio comunitario fosse destinato (come lo è ancor oggi) alle sovvenzioni per lagricoltura e di quella barca di quattrini si incamerò e si incamera i tre quarti. Fece scoppiare una crisi - detta della «sedia vuota» - allorché Bruxelles tentò di far decadere la regola dellunanimità (con conseguente diritto di veto) nelle decisioni comunitarie. In quelloccasione, estate 1965, De Gaulle, offesissimo, richiamò in patria il rappresentante permanente Jean-Marc Boegner con tutta la sua squadra e per sette mesi la sedia francese restò vuota, fino a quando non si giunse a un ipocrita compromesso: le decisioni sarebbero state prese a maggioranza, salvo quando erano in gioco gli «interessi particolari» di un Paese membro. La verità, caro Cavalieri, è che per la Francia lEuropa è sempre stata un mezzo, non un fine.
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