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Il vampiro burocrazia succhia alle imprese 23 miliardi ogni anno

Ventitré miliardi di euro. L’equivalente della manovra correttiva di dicembre del governo Monti. Il costo della burocrazia per le piccole e medie imprese - cioè per le aziende con meno di 250 dipendenti - è appunto di 23,1 miliardi, secondo i calcoli della Cgia di Mestre. L’applicazione cervellotica di leggi, regolamenti e circolari emanati sia a livello centrale che locale determina per le imprese un onere medio annuo di 5.269 euro che, soprattutto per i più piccoli, genera difficoltà quasi insormontabili nel restare competitivi.
«Se con un colpo di bacchetta magica fossimo in grado di ridurne il costo della metà - ha commentato il segretario della Cgia di Mestre, Giuseppe Bortolussi - libereremmo 11,5 miliardi all’anno che potrebbero dar luogo ad almeno 300mila nuovi posti di lavoro». Invece, tra il peso delle tasse e le difficoltà nel districarsi tra i meandri della burocrazia italiana, «le imprese, soprattutto quelle di piccole dimensioni, continuano a perdere tempo e denaro», conclude. Ecco perché l’organizzazione veneziana di artigiani e imprenditori ha salutato con favore il decreto sulle semplificazioni varato dal governo Monti.
In particolare, il settore che incide maggiormente sui bilanci delle pmi è quello del lavoro e della previdenza. La tenuta dei libri paga, le comunicazioni di assunzioni o cessazioni di lavoro e le denunce mensili dei dati retributivi e contributivi, nonché l’ammontare delle retribuzioni e delle autoliquidazioni costano al sistema delle pmi 9,9 miliardi l’anno, il 43,1% del totale degli obblighi burocratici. Un fardello da 2.270 euro per ogni azienda.
Non meno onerosa è l’area ambientale che pesa per 3,4 miliardi di euro l’anno (14,8%). Le autorizzazioni per lo scarico delle acque reflue, la documentazione per l’impatto acustico, la tenuta dei registri dei rifiuti e le autorizzazioni per le emissioni in atmosfera sono le voci con maggiore incidenza. Si tratta di una costante dell’inefficienza italiana: l’obbligo per cittadini e contribuenti di certificare separatamente adempimenti relativi a un medesimo capitolo amministrativo.
Una storia che si ripete anche per gli obblighi fiscali: dichiarazioni dei sostituti di imposta, comunicazioni periodiche e annuali Iva, costano complessivamente 2,8 miliardi (11,9%), cioè 629 euro ad azienda, Non meno dispendiosi sono gli obblighi relativi alla privacy (2,2 miliardi con un costo medio di 500 euro), mentre la sicurezza sul lavoro e la prevenzione incendi impongono alle pmi di spendere ogni anno 2,9 miliardi di euro. In coda a questa desolante classifica: gli adempimenti relativi agli appalti (1,2 miliardi) e quelli per la tutela del paesaggio e dei beni culturali (600 milioni).


«Non è un caso che molti investitori stranieri non vengano in Italia proprio per la farraginosità del sistema burocratico», ha sottolineato Bortolussi evidenziando come «incomunicabilità, mancanza di trasparenza e incertezza dei tempi hanno generato sfiducia tra imprese e pubblica amministrazione». L’analisi della Cgia, tuttavia, suona anche come un monito a una Confindustria troppo spesso «risucchiata» nel politicismo da dimenticare la sua funzione originaria di tutela delle aziende.

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