Berna - Insieme a Van Gogh è uno dei pochi olandesi conosciuti all’italiano medio. Grandi artisti, ciascun a modo suo. Anzi, di più: geni creativi. Dici Van Basten e pensi Milan, non tanto a quel ct a cui il tempo ha divorato i capelli, non il fisico. Ed allora anche oggi l’Italia del pallone non giocherà contro VB, ma solo contro gli olandesi che non hanno il pregio del suo charme e neppure quella simpatia procurata dalla bravura più che dal carattere, non proprio ciarliero. Si è visto anche ieri quando il nostro ha giocato ad un rimpiattino verbale con i giornalisti olandesi, fatto di battute e qualche presa in giro.
Marco è un «Van bianco» che piace rispetto ai tanti visi pallidi tulipani transitati a casa nostra, diciamo un po’ asettici: Van der Sar e Bergkamp, Van der Meyde e Kieft, tanto per citare. Oggi l’Olanda è più bianca che scura, non è più il tempo di Rijkaard e Davids, Winter, Gullit e Seedorf. Van Basten era un cigno, ora c’è Van Nistelrooy: un falco. Un cigno che si affida a un falco. Fra i suoi ragazzi ci sono meno figli delle Antille e spunta un figlio di marocchini, Ibrahim Afellay, il più giovane del gruppo (22 anni), uno di talento dice il ct: lui o Kuyt giocheranno al posto di Robben, appiedato da un problema all’inguine. Segni dei tempi.
Pallone e pallina sono gli amori sportivi di Van Basten. Gli toccasse una sfida a golf con Donadoni forse si sentirebbe più tranquillo. Invece così... Chissà. Gli europei gli hanno rifilato il peggiore dei sorteggi: affrontare le due finaliste del mondiale 2006, roba da rovinare la digestione a chiunque. Per farsi passare la melanconia, il nostro si è detto che due anni sono passati per tutti. Nel bene o nel male? Questo è il dilemma. In Germania, l’Olanda uscì negli ottavi contro il Portogallo. «Ma era una squadra in crescita, giovane, ora è più matura, dovremo giocare molto bene», dice lui per carezzare il bello della storia. Italia e Francia hanno perso qualche campione e magari un po’ di fame. Dunque cosa pensare? «Se il vento non soffia contro, possiamo far strada. Sennò usciamo subito». Fotografia immediata di una storia di calcio nella quale anche il nostro ha i suoi grattacapi. «Robben è fuori, non ho visto piangere nessuno».
Questa è l’ultima chance per il Marco ct che racconta di aver fatto tanto con Donadoni: «Abbiamo giocato assieme, siamo andati in vacanza, giocato a golf. Ha un carattere forte, da combattente, se l’Italia lo imita sarà dura». Brutto rischiare lo sgambetto dall’amico proprio nella storia senza ritorno. Chiuso l’europeo, andrà a sedere sulla panchina dell’Ajax e rimanderà a chissà quando la chicca che questo europeo gli propone: essere il primo a vincere il torneo sia da calciatore, sia da allenatore. Per il vero c’è riuscito anche Vogts, con la Germania, ma non mise piede in campo neppure un minuto. Invece Marco lasciò tutti con il souvenir: quel gol acrobatico all’Unione Sovietica che valeva il dipinto di un genio e la coppa per la nazionale.
Tempo passato, ma i gol restano e significano qualcosa. Molto più di mille parole pronunciate da allenatore. Stavolta a chi tocca l’handicap? Italia e Olanda sono rappezzate in difesa, eppure i numeri ne parlano come una forza. Van Basten era un goleador, eppure il suo attacco è stato il peggiore delle qualificazioni. Contraddizioni da gatto nero.
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