Van Morrison, una voce senza età

Splendido doppio concerto e lezione di soul blues tra classici come «Moondance» e nuovi brani

La voce è minacciosa e scrosciante come la pioggia che batte la sua Irlanda, potente come il whisky torbato e la birra scura che ha ingurgitato a fiumi. È un fenomeno il vecchio leone Van Morrison che con gli anni (ne ha 62) non perde un filo di flessibilità armonica e travolge con la sua furia interpretativa per due sere (giovedì e venerdì) il pubblico degli Arcimboldi di Milano.
È un fenomeno perché in 43 anni ha inciso 42 album molti dei quali sono entrati nella storia del rock; è un fenomeno perché il nuovo Keep It Simple è entrato direttamente al decimo posto della hit di Billboard; è un fenomeno perché dal vivo stuzzica i fan con un inimitabile cocktail di r’n’b, soul, blues, jazz, improvvisazione e liquidi cascami country ad alto tasso emotivo. Il suono ti prende e ti trasporta e ti perdi in un suono caldo ed esplosivo, dalle suadenti melodie e dall’incredibile taglio ritmico. Basterà citare quattro gemme: la cupezza bluesy di Bright Side of the Road, l’incrocio country-soul-gospel di Song of Home, la melanconica spiritualità di Tupelo Honey, la rilettura - con un vocale improvvisato da brivido e un arrangiamento sontuoso - dedicata al maestro Ray Charles. Tutti i brani andrebbero citati (scaletta cambiata ogni sera), dalla gloriosa Moondance (il fascino dell’originale fa impallidire quella di Bublé) alle recenti Keep It Simple e Entrainment, per lo spirito evocativo, per il coinvolgimento, per l’emozione palpabile ma controllata. Lui, nascosto dietro cappello e occhiali scuri, tozzo e infagottato in un abito sgualcito, ci mette tutto quello che ha: strappa tormentate sillabe dal sax, sprizza gioia e dolore dall’armonica, fa vibrare con calore la chitarra acustica, modula accordi sul mandolino, giocando con i tempi lenti e quelli veloci, con le ballad intimiste che si aprono ad accenti penetranti ed accelerazioni improvvise, alle fantasiose cavalcate sonore che sono il metro della sua maturità artistica.

Rinnegati negli anni ’60 il beat e la dimensione canzonettistica, Morrison è partito per una ricerca affascinante - iniziata con le delizie di Astral Weeks - di cui per fortuna non si vede la fine. Un plauso ai suoi splendidi partner, da Tony Fitzgibbon al violino a Paul Moran alle tastiere, da John Platania alla chitarra alla bravissima Sarah Jory poliedrica al banjo, alla pedal steel e alla chitarra acustica.

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