Muscoli e fosforo, il condor allarga le ali ma il Milan non ha lo stesso coraggio del suo campione, se poi quel brasileiro sbadato butta via, come coriandoli del carnevale carioca, il più comodo fuoco d'artificio per accendere San Siro, allora Zlatan si allunga pure nel viso che sembra l'urlo di Munch. La pulce diventa topo, poi piranha, si infila sopra, sotto, di fianco e il Barcellona si diverte e far ballare gli avversari un po' impauriti, il raggio laser verde del solito mascalzone curvaiolo trasforma Lionel Messi nel piccolo Hulk, segna un gol in off side, ne suggerisce uno, due, tre a scelta, dovunque e comunque. La partita nella partita è un film con troppi fotogrammi strappati, Ibra è un uomo solo al comando, corre, recupera, assiste, attorno c'è il cuore della squadra, servirebbe anche il cervello, servirebbero i piedi buoni, come diceva Fuffo Bernardini, il professore. Messi strepita contro Ambrosini che gli ammacca talloni e tibie, il football di casa nostra non si inchina dinanzi agli dei, le sue abitudini spagnole sbattono contro una realtà meno riverente.
Il film non è esaltante, la trama va avanti a scatti, i catalani addormentano gli spettatori con il cloroformio di un gioco che poi ha soluzioni improvvise e impreviste, i nostri stanno in platea, cercano di reagire, sanno che il fenomeno svedese avrebbe bisogno di palloni buoni e non semplici rinvii eppure lo stesso Zlatan, invitato da Seedorf, pensa al tocco in controtempo invece del colpo feroce, così Valdes, suo antico sodale lo fa fesso sgonfiando traiettoria e pallone tra le proprie mani.
Scivola Ibra, slitta Messi, il prato di San Siro è una trappola in linea con la città che viaggia con la testa verso l'Expo 2015 ma ha il corpo nel dopoguerra, chi parla di ranking Uefa dovrebbe preoccuparsi e occuparsi di questo storico stadio che tradisce i suoi attori e il suo pubblico. Ibrahimovic, con quella sorta di accento acuto sull'ultima consonante, inciampa sui ciuffi d'erba e il popolo milanista prende a sbuffare perché dalla parte opposta la pulce-topo-piranha, che mi ricorda Renato Rascel (cantanteattorcomico romano), seguita la sua recita e addirittura pesta il piede santo di Seedorf, scusandosi con il "diversamente giovane" olandese.
Serata strana, acida di sapore perché manca il grande football, quello del censo delle due squadre e dei suoi mattatori, quando il pallone passa dalle parti di Zlatan e di Lionel ecco che il film prende altro sviluppo ma è ipotesi, è premessa, promessa, sogno, la tattica di Allegri e di Guardiola annulla le fantasie al potere, i tatuaggi di Ibra sono macchie infantili, esibizione di una ultraforza che alla dogana Uefa vengono requisite dalle guardie di frontiera, il corpo e il viso di Messi sono candidi e puliti di qualunque segno e marchio, il duello tra un pallone d'oro da triplete e l'uomo che cerca la sua prima volta, più per propaganda che per sostanza, non lascia traccia vero se non nelle chiacchiere dei tifosi e dei giornalisti alla ricerca di un football perduto. Ibra finisce con le mani sulla sua testa lucida di capelli lunghi, Messi prova fino all'ultima finta.
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