In quel punto lacqua è profonda appena un metro, troppo bassa ritengono gli investigatori per un annegamento volontario. È quanto venuto fuori dagli accertamenti eseguiti dai sommozzatori dei carabinieri, che ieri hanno perlustrato il tratto di mare in cui si è tolto la vita Pietro Vanacore e hanno recuperato la sua dentiera.
Il cadavere dellex portiere del palazzo di via Poma, a Roma, dove il 7 agosto del 90 fu uccisa Simonetta Cesaroni, è affiorato martedì scorso dalle acque che bagnano Monacizzo, una quarantina di chilometri da Taranto: qui Vanacore, arrestato e poi del tutto scagionato per quel delitto, avrebbe deciso di farla finita annegandosi dopo essersi legato una caviglia con una fune fissata a un pino marino. Una ricostruzione che desta qualche perplessità tra gli inquirenti. E adesso, dopo i controlli dei sommozzatori, i dubbi si accavallano.
Per fare chiarezza su quanto accaduto in questo piccolo centro affacciato sullo Ionio dove lex portiere di via Poma aveva scelto di vivere per sfuggire ai fantasmi che lo inseguivano da ventanni, gli inquirenti attendono lesito degli esami tossicologici. Gli accertamenti sono stati disposti per verificare se lex portiere abbia ingerito lanticrittogamico contenuto in una bottiglia che aveva nella sua auto: un particolare che viene ritenuto fondamentale perché, se effettivamente fosse stato sotto leffetto di un narcotizzante, Vanacore sarebbe riuscito ad annegarsi anche in quel tratto di mare dai fondali così bassi. Nel corso dellautopsia però non sono state rilevate tracce della sostanza, ma è arrivata solo la conferma della morte per annegamento. La procura di Taranto ha aperto uninchiesta a carico di ignoti per istigazione e induzione al suicidio. Il magistrato inquirente ha disposto una perizia grafica sui messaggi daddio lasciati dallex portinaio. «Venti anni perseguitati senza colpa», cè scritto su uno di quei biglietti.
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