Essere famose in tv, perfino troppo, per Vanna Marchi e sua figlia Stefania Nobile alla fine s'è rivelata un'arma a doppio taglio. Basta leggere le motivazioni, diffuse in queste ore, con cui la Corte di Cassazione ha reso inappellabile la sentenza della Corte d'appello di Milano del 4 marzo scorso, condannando le due teleimbonitrici rispettivamente a nove anni e sei mesi di reclusione per la Marchi, e nove anni, quattro mesi e nove giorni per la Nobile.
Ora viene messo finalmente nero su bianco: nutrivano finalità «truffaldina» nella loro attività di televendita e «sfruttavano la notorietà di maghe e "guaritrici"» per ingenerare nelle vittime - almeno 300mila, si stima, di ogni età ed estrazione sociale, le persone che avrebbero acquistato da loro gli amuleti miracolosi o i «fortunati» numeri del Lotto - «il pericolo immaginario di gravi malattie facendo credere di poterle guarire» mettendo in pratica, con «ingiusto profitto», «esorcismi, pratiche magiche e sostanze» spacciate come rimedi scaccia malocchio.
La Cassazione chiude così i discorsi attorno alla vicenda del «sale miracoloso» e degli altri raggiri, depositando rapidamente le motivazioni contenute nella sentenza 11.105.
Invece si riaprono le porte del carcere - la «Dozza» di Bologna - per Vanna Marchi e Stefania Nobile, a entrambe restano però poco più di cinque anni di reclusione da scontare considerando lo sconto di pena previsto dall'indulto e il periodo già trascorso in custodia cautelare durante lo svolgimento delle indagini. Adesso il legale della Nobile chiedono una pena alternativa al carcere, chiamando in causa le critiche condizioni di salute della donna, affetta da una grave forma di anemia che richiederebbe frequenti controlli in ospedale e ripetute trasfusioni.
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