Roma - «Approssimazione storica» e «meschino opportunismo politico»: è lapidario e durissimo il giudizio che L’Osservatore Romano, il quotidiano della Santa Sede diretto da Gian Maria Vian, mette in pagina per commentare le parole del presidente della Camera Gianfranco Fini, che l’altroieri, ricordando le vergognose leggi razziali del 1938, aveva richiamato le responsabilità della Chiesa, notando che all’epoca non si registrarono «manifestazioni particolari di resistenza».
Il giornale vaticano ha atteso un giorno prima di scendere in campo, anche per valutare attentamente eventuali chiarificazioni dello stesso Fini, che invece nel pomeriggio aveva ribadito le sue affermazioni. Il breve articolo, pubblicato nell’edizione con data odierna, andato in edicola com’è tradizione nel pomeriggio di ieri, è dunque un testo attentamente meditato e soppesato, e di certo vagliato dalla Segreteria di Stato, dove nelle ultime ore era palpabile l’irritazione per la sortita del presidente della Camera.
«Le leggi razziali del 1938. A proposito delle dichiarazioni di Gianfranco Fini»: questo il titolo del «pezzo» pubblicato sulla terza pagina, quella dedicata all’informazione internazionale, e non firmato, attribuibile alla direzione del quotidiano d’Oltretevere ma anche all’editore che risiede nei sacri palazzi.
L’Osservatore nota come il discorso di Fini abbia «suscitato stupore e molte polemiche», riporta le sue espressioni e ricorda la puntualizzazione di Radio Vaticana, che attraverso gli storici Malgeri e Riccardi ha smentito l’acquiescienza della Chiesa di fronte alle leggi discriminatorie contro gli ebrei.
La bordata vaticana contro le affermazioni della terza carica dello Stato italiano è contenuta nelle ultime righe dell’articolo dell’Osservatore: «Di certo, sorprende e amareggia il fatto che uno degli eredi politici del fascismo — che dell’infamia delle leggi razziali fu unico responsabile e dal quale pure da tempo egli vuole lodevolmente prendere le distanze — chiami ora in causa la Chiesa cattolica. Dimostrando approssimazione storica e meschino opportunismo politico».
In questo modo il Vaticano intende distinguersi nettamente dalla chiamata in correità che emergeva dalle dichiarazioni di Fini, ricordando che fu il fascismo - del quale il presidente della Camera viene definito «uno degli eredi politici», seppure «da tempo egli vuole lodevolmente prendere le distanze» - a promulgare le leggi razziali. Il quotidiano della Santa Sede non bolla come falsità le espressioni di Fini, ma le giudica «approssimative», perché non aderenti alla complessità della realtà storica. Pio XI fu infatti l'unica autorità pubblica a pronunciarsi pubblicamente contro il «manifesto della razza» nel corso di tre discorsi, e il Vaticano, attraverso i suoi canali diplomatici, fece il possibile per arginare le leggi razziali. Ci furono certo differenziazioni, reazioni distinte, atteggiamenti tiepidi, ma è innegabile la contrarietà della Chiesa.
Nessuna controreplica ieri da parte di Fini. In ambienti della presidenza della Camera si è però sottolineato come «opportunismo sarebbe stato far finta di nulla di fronte a una questione storica più volte discussa in ambienti vaticani».
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