Città del Vaticano - Il Vaticano ribadisce il suo "no" alla dolce morte per i malati terminali. Anche se in "stato vegetativo permanente", il paziente "è una persona, con la sua dignità umana fondamentale". Lo afferma la Congregazione della Dottrina della Fede in risposta ad un quesito della Conferenza Episcopale degli Stati Uniti, sottolinenado che dunque anche al paziente che si trovi in questa situazione "sono dovute le cure ordinarie e proporzionate, che comprendono, in linea di principio, la somministrazione di acqua e cibo, anche per vie artificiali".
Il testo del Vaticano fa riferimento all’intervento su questa materia di Giovanni Paolo II tenuto il 20 marzo 2004, ai partecipanti ad un Congresso Internazionale su "I trattamenti di sostegno vitale e lo stato vegetativo. Progressi scientifici e dilemmi etici". Le eccezioni Tuttavia Congregazione della Dottrina della Fede, spiega una nota di commento diffusa dallo stesso dicastero, "non esclude che in qualche regione molto isolata o di estrema povertà l’alimentazione e l’idratazione artificiali possano non essere fisicamente possibili". In questi casi, però, precisa la nota vaticana, "sussistono l’obbligo di offrire le cure minimali disponibili e di procurarsi, se possibile, i mezzi necessari per un adeguato sostegno vitale". Si tratta, precisa però la nota, di "casi eccezionali" che "nulla tolgono al criterio etico generale secondo il quale la somministrazione di acqua e cibo, anche quando avvenisse per vie artificiali, rappresenta sempre un mezzo naturale di conservazione della vita e non un trattamento terapeutico". "Il suo uso - conclude la nota - sarà quindi da considerarsi ordinario e proporzionato, anche quando lo stato vegetativo si prolunghi".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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