La Chiesa "orfana" di Ratzinger: il futuro di Francesco e il braccio di ferro in Curia

Progressisti e tradizionalisti hanno avuto modo di creare grattacapi sia alla Chiesa di Ratzinger che a quella di Bergoglio

La Chiesa "orfana" di Ratzinger: il futuro di Francesco e il braccio di ferro in Curia

La Chiesa cattolica orfana di Benedetto XVI si trova ad affrontare il nodo cruciale del futuro della barca di Pietro mentre anche Papa Francesco è stato di recente chiaro sulla possibilità di poter seguire il suo predecessore sulla strada delle dimissioni.

Così diversi nello stile, nell'approccio e anche nelle esternazioni, il colto e riservato Joseph Ratzinger e il caloroso e evangelico Jorge Mario Bergoglio sono però accomunati profondamente dalla continuità della sfida che il Vaticano ha affrontato, durante i loro pontificati, tra il campo della Chiesa tradizionalista e il clero "progressista". Intenti a contendersi i cuori e le menti dei fedeli e le posizioni apicali in Curia, e non solo, per poter plasmare a loro immagine la Sposa di Cristo. E per quanto tradizionalemtne più associabile al primo campo Ratzinger e più vicino al secondo Bergoglio, entrambi hanno difeso a spada tratta il primato dell'istituzione. Oggi messa a repentaglio dalle sortite di questa o di quella corrente che, in una fase di turbolenza come la morte del Papa Emerito, possono emergere.

Benedetto XVI, da pontefice, subì le intemperanze del clero progressista per molte prese di posizioni sui valori non negoziabili ma si guardò bene dal trasformare la sua istituzione in una Chiesa di lotta. "Quando Joseph Ratzinger era il teologo più stimato da Hans Küng, non era mai abbastanza künghiano per lo stesso Küng. Adesso che poteva apparire una specie di santo protettore del conservatorismo cattolico non è abbastanza conservatore per i conservatori”, scriveva nel 2012 lo storico delle religioni Alberto Melloni indicando nel mondo conservatore la fonte primaria dello scandalo Vatileaks che faceva tremare il Vaticano. E del resto, da interprete del Concilio Vaticano II Ratzinger ebbe un passato nei campi progressisti, in una fase in cui, come ebbe a dire al biografo Peter Seewald, "essere progressisti non significava ancora rompere con la fede, ma imparare a comprenderla meglio e viverla in modo più giusto, muovendo dalle origini". Benedetto fu più paolino che petrino, da Papa: un pontefice "evangelizzatore", fautore di "minoranze creative" dedite alla continua innovazione della Chiesa, nella certezza però che è il messaggio di Cristo a dover aver il primato su ogni altra cosa. I conservatori al contempo lo hanno spesso attaccato per l'ecumenismo con le altre religioni.

Francesco a sua volta ha subito accuse di deviazione dal messaggio evangelico e addirittura di eresia da frange reazionarie della Chiesa ma si è ben guardato dall'appiattirsi sul clericalismo "di sinistra" o addirittura sulla visione di una Chiesa-Ong che soprattutto dal mondo degli "atei devoti" spesso è stata indicata, mediaticamente, come modello da seguire. Ha denunciato la globalizzazione selvaggia, l'individualismo insito nella cultura liberalprogressista, il consumismo di massa. Ha ribadito le linee rosse della Chiesa su aborto, ordinazione delle donne, matrimoni omosessuali pur nella piena consapevolezza di voler distinguere tra ciò che è peccato e la figura del peccatore in sé, da accudire e proteggere come figlio di Dio. Ha definito sia tradizionalismo che progressismo radicale come complementari "egoismi" celebrando a ottobre i sessant'anni del Concilio Vaticano II: "Quante volte, dopo il Concilio, i cristiani si sono dati da fare per scegliere una parte nella Chiesa, senza accorgersi di lacerare il cuore della loro Madre! Quante volte si è preferito essere ‘tifosi del proprio gruppo’ anziché servi di tutti, progressisti e conservatori piuttosto che fratelli e sorelle, ‘di destra’ o ‘di sinistra’ più che di Gesù; ergersi a ‘custodi della verità’ o a ‘solisti della novità'".

Due Papi, due grandi personalità diverse tra loro, un obiettivo comune: difendere la Chiesa. Ma la lotta politica tra tradizionalisti e progressisti è realtà. E nell'era Francesco è esplosa. Da destra i conservatori legati al Cardinale Raymond Burke, americano, pungono Bergoglio per la posizione sui valori tradizionali e presunte aperture ambigue; nel 2016 ha fatto rumore la presa di posizione di un gruppo di cardinali, guidato da Burke, contro l'enciclica Amoris Laetitia; organi di stampa reazionari addirittura ventilano l'ipotesi di "eresia" e nel 2017 una lettera aperta firmata da figure come Ettore Gotti Tedeschi, ex presidente dello Ior, e il Capo dei Lefebvriani, monsignor Bernard Fellay, ha messo l'accusa nero su bianco.

Ma alla battaglia tradizionalista guidata dal partito americano Bergoglio deve sommare una grave, e forse ancora più problematica, fronda iper-progressista nella Chiesa tedesca, da tempo addirittura in odore di scisma: i vescovi tedeschi dibattono su temi come la benedizione alle coppie gay, l'abolizione del celibato e il sacerdozio femminile. L'onda lunga del Sinodo tedesco iniziato dal Cardinale ed ex Arcivescovo di Monaco Reinhard Marx nel 2019 potrebbe arrivare a plasmare una "Chiesa nella Chiesa" profondamente diversa, mondana prima ancora che religiosa, liberal prima che veramente istituzionale. Troppo anche per il pontificato odierno.

Francesco sta reagendo a queste mosse sparigliando e promuovendo ai vertici della Chiesa molti "figli" delle periferie: la Curia ormai supera le ottanta nazioni rappresentate, molte metropoli dove forti sono le nicchie di potere dei due partiti in lotta non sono rappresentate con la porpora cardinalizia e si sta creando di fatto un doppio binario ecclesiastico. Da un lato i "governatori" delle grandi arcidiocesi, dall'altro la Curia e l'unione tra l'episcopato istituzionale di organizzazioni come la Cei e i porporati romani come stato maggiore del Papa. Una strategia in bilico che mira a scaricare le tensioni della lotta teologica ma soprattutto politica. In un certo senso, il gioco delle parti tra Francesco e Benedetto XVI, che si sono sempre spalleggiati nel decennio di convivenza a Roma, ha scaricato molte tensioni. Ora su Papa Francesco saranno caricate le aspettative dei progressisti, primi fra tutti i tedeschi, e le volontà di resistenza al cambiamento nella Chiesa dei conservatori, attenti alle nicchie di potere. La Chiesa in uscita nel resto del mondo vivrà di questo dualismo. Ma proprio per la sua natura di casa della cristianità e di nazione scevra a queste guerre culturali intente a logorare la Chiesa la nazione che potrebbe emergere sarebbe l'Italia, potenziale raccordo tramite la Cei della sfida tra progressisti e conservatori e soprattutto Chiesa passata nell'ultimo decennio sia come la più ratzingeriana che come la più bergogliana dell'Europa occidentale.

Pronta dunque a incarnare quel senso di continuità delle istituzioni, tra apertura graduale al mondo, difesa della dottrina sociale e controllo delle linee rosse valoriali, che accomuna più di ogni altra cosa i due pontefici che hanno, fino a poco tempo fa, convissuto. E che rappresenta la miglior garanzia per far continuare a navigare la barca di Pietro in un mare in tempesta.

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